GIUSEPPE DELAMA (sacerdote)
n. 16.7.1930 a Trento
Prof. temporanea 9.9.1949
Prof. perpetua 9.9.1952
Ordinazione 26.6.1955
m. 5.11.2020 a Rovereto
Anni 90
P. Maurizio Baldessari
Ricordando P. Giuseppe Delama. Di p. Gianni Piccolboni
Parlare di P. Giuseppe Delama è come aprire un’enciclopedia. Novant’anni compiuti: una vita longeva e più di cinquant’anni spesi in Sud Africa dove era parroco a Pretoria Nord, cappellano militare, cappellano degli Italiani nel Transvaal, un uomo tutto fare, poliedrico nelle professioni con buongusto nell’edilizia, elettricista, falegname, meccanico e saldatore, consigliere, un ottimo e ricercato confessore di preti e di vescovi.
P. Giuseppe Delama fa parte della seconda fascia di missionari che partirono alla volta del Sud Africa negli anni Sessanta. In quegli anni si apriva agli Stimmatini la grande finestra del continente africano, che portava una ventata d’aria fresca di missione tra noi giovani studenti di teologia di quel tempo. Si aprirono le possibilità di crescere nella internazionalità promuovendo la formazione teologica in loco, cioè in quei paesi, fuori Europa, dove un futuro Stimmatino sarebbe stato assegnato a svolgere il suo ministero apostolico.
L’occasione propizia per la sua dimensione Missionaria gli si presentò nel 1965 quando gli fu chiesto di accompagnare due studenti di teologia in Sud Africa per completare i loro studi in quella nazione. Erano Lino Vinco e Giancarlo Mittempergher, entrambi ora nella vita eterna con il Padre. Quel viaggio gli aprì un orizzonte nuovo che cambiò la sua vita. Vide i primi sei pionieri Stimmatini sul campo di lavoro sudafricano, che gli aprirono il cuore e gli fecero vedere l’immensa vastità del territorio a loro affidato, la distanza da percorrere, le numerose comunità cristiane assetate di Vangelo, le strade impraticabili, specie nella stagione delle piogge; vide lo stato delle scuole che i missionari sostenevano con grande sacrificio, si rese conto della necessità della educazione scolastica. Incontrando il Vescovo di Pretoria gli viene consegnato il messaggio da far pervenire ai superiori di Verona: «L’africa chiama». Alla chiamata rispose con la sua disponibilità.
Ultimi preparativi, una corsa a Londra per imparare l’Inglese, il tempo per salutare parenti ed amici e si ritorna in Sud Africa. Viste le sue capacità organizzative e la sua saggezza il P. Provinciale di allora, Mario Tais, ritenne ottima cosa affidare a lui la amministrazione e l’organizzazione della missione come superiore regionale.
Tutti dovevano studiare la lingua locale per poter svolgere bene il ministero missionario ed essere in grado di ascoltare la gente. L’era dei catechisti, mediatori tra il missionario straniero e la popolazione locale, stava per concludersi.
Intanto chiedeva a Verona dei rinforzi. Ben presto altri due studenti di teologia sarebbero partiti alla volta di Pretoria per completarvi i loro studi teologici assieme ai sacerdoti diocesani.
La partenza di P. Giuseppe per l’Africa ha prodotto un effetto domino. In quei giorni era il prete molto gettonato da tanti di noi giovani studenti. Si andava a gara per poterlo avere come direttore spirituale e anche come una spalla sulla quale piangere. Quando quella domenica sera dell’autunno del 1965 a Bovolone, assieme a P. Di Tullio Sandro, ricevette da parte della chiesa veronese il mandato missionario con la consegna del crocifisso, le lacrime bagnavano le nostre guance, ma nel cuore ardeva il desiderio di poterlo seguire. Il 18 di ottobre partiva per il Sudafrica per rimanerci. Nasceva una nuova epoca per la Congregazione degli Stimmatini. Era un’altra fruttuosa fase di slancio e di grande apertura missionaria. Dopo qualche anno si aprirono le frontiere della Costa d’Avorio e poi delle altre nazioni africane. Padre Giuseppe ha avuto un posto significativo nella nostra comunità per la sua fedeltà ai vari appuntamenti quotidiani: parlava poco, faceva molta fatica ad ascoltare i nostri discorsi (data la sua sordità), ma il suo volto era sempre segnato dal sorriso e da un continuo grazie che rivolgeva a qualsiasi gesto di attenzione nei suoi riguardi.
Ringraziamo Dio per aver goduto della presenza di p. Giuseppe in questi anni. Molti salparono alla volta del Brasile; anni più tardi si aprivano anche altre frontiere in Asia, nelle Filippine e, in Europa, si incominciava anche a parlare tedesco e inglese.
In Sud Africa P. Giuseppe spese più di cinquant’anni. Quando vide che non poteva più stare al passo delle giovani generazioni locali, accettò l’invito di ritornare in Italia.
L’estate scorsa, in giugno, ha celebrato i suoi 65 di ordinazione sacerdotale nel Santuario della Madonna di Lourdes che aveva visto nascere.
I nostri connazionali di Johannesburg e i parrocchiani di Pretoria si stringono a noi per dargli l’ultimo saluto e per ringraziarlo del gran bene operato, per i numerosi matrimoni che ha celebrato e per le tante visite di sostegno che ha loro riservato. Numerosi sono i messaggi di cordoglio pervenuti. Era un gentil uomo, carico di umanità e di empatia, era un buon cristiano e un zelante sacerdote.
Lo ricorderanno anche per la bella costruzione del centro pastorale «Bertoni Centre» e per la costruzione del «Villaggio san Francesco», come casa per anziani, non ancora ultimata. Era di casa in molte famiglie italiane e non. Teneva i contatti e aveva una parola buona per tutti.
Ha lavorato nella vigna del Signore fin dalle prime ore del giorno; non lo si sentiva lamentarsi del caldo o della fatica della giornata, non ha preteso niente. Ha speso la sua vita per gli altri. Ha cercato di formare in sé il ritratto di Cristo con tante piccole e grandi cose che ha fatto, sempre con cuore semplice.
La sua vita spirituale era solida e fino alla fine si dava alle letture e agli approfondimenti religiosi. La sera della vita gli è arrivata inaspettata e quasi improvvisa. La sua salute era granitica e il tramonto sembrava lungo e sereno ed invece la burrasca ha fatto precipitare le cose.
«Signore lo affidiamo alla tua bontà e alla tua misericordia. Mettigli nelle mani quel denaro che hai pattuito con lui all’inizio della giornata lavorativa quando lo hai ingaggiato nella tua vigna: sarà il suo lascia passare indiscusso. Accoglilo con quell’abbraccio caldo di Padre che ogni figlio aspetta da te».
Scrive p. Maurizio Baldessari, Superiore e parroco nella Comunità di Trento: «In questi anni ha potuto svolgere, pur se limitato alla celebrazione eucaristica e alle confessioni, un prezioso servizio pastorale. Di natura sereno e ottimista, era uomo di preghiera.
Quasi mai si lamentava dei suoi acciacchi e non soffriva nemmeno per la sua sordità (nonostante le sue battaglie quotidiane con gli apparecchi acustici).
Padre Giuseppe ha avuto un posto significativo nella nostra comunità per la sua fedeltà ai vari appuntamenti quotidiani: parlava poco, faceva molta fatica ad ascoltare i nostri discorsi (data la sua sordità), ma il suo volto era sempre segnato dal sorriso e da un continuo grazie che rivolgeva a qualsiasi gesto di attenzione nei suoi riguardi. Ringraziamo Dio per aver goduto della presenza di p. Giuseppe in questi anni».
P. Giuseppe Delama è nato a Trento il 17 luglio del 1930. Ha fatto il suo ingresso nell’istituto, a Galbiate (Como) il 16 settembre del 1945 e l’8 settembre del 1948 entrò in noviziato, a Cadellara. Prima professione il 9 settembre del 1949, emise i voti perpetui il 9 settembre del 1952. L’8 dicembre del 1954 divenne diacono e prete il 26 giugno del 1955. Prima di partire per la missione fu Prefetto degli aspiranti, insegnante, economo e consigliere provinciale.
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