LA FRECCIA DELLA SANTITÀ

 2093                Per vedere quale fosse lo splendore e l’efficacia di S. Zeno, basta sapere che egli era come una freccia della faretra di Dio, una freccia scelta da Dio, sapientissimo arciere.

Ed ora brilla fra le mani del Potente, che la tende nell’arco e dà un segno a coloro che lo temono sia facendo strage dei nemici vicini, sia liberando i suoi fedeli amati. Anzi la bontà divina non attese fino a quel momento per far conoscere chi fosse S. Zeno, ma lo fece precedere dalla fama di strepitosi miracoli prima ancora che egli arrivasse.

 

2094    Quando entrò a Verona, la trovò tutta in potere dei demoni e i demoni stessi, vicini e lontani, con il loro spavento furono i primi a manifestare la sua santità e molto più ancora quando furono costretti da lui ad uscire dal corpo dei loro seguaci, gli idolatri. La stessa morte, alla quale nessuno resiste in terra, dovette cedere le sue prede di fronte al comando di quest’uomo che pure era mortale. E una volta morto, proprio nel momento in cui ogni uomo cessa di agire, intorno alla sua tomba ci fu un fiorire di miracoli; e quell’urna bagnata dalle lacrime fu fonte di salute perenne e di gioia non soltanto per i corpi degli ammalati, ma anche per l’anima dei peccatori.

E che dire delle acque del nostro fiume Adige, che furono portate da una piena improvvisa davanti alle porte della chiesa del suo sepolcro? Aperta la porta, l’acqua non soltanto si trattenne dall’entrare per venerazione, ma essendo cresciuta fino all’al­tezza delle finestre, vicino al tetto, dissetò il popolo che si era rifugiato all’interno, lasciandosi attin­gere per bere e miracolosamente rimase all’esterno senza allagare quel luogo.

 

2095    Questo prodigio non si verificò soltanto a Verona, ma poco dopo si ripeté in Toscana, con la differenza che da noi si salvò la sola chiesa e la gente che vi era dentro, mentre a Pistoia fu salvata da una terribile inondazione tutta la città e il suo popolo.

Per lui, a Verona, veniva da ogni città chiunque avesse bisogno dell’aiuto di Dio onnipotente per salvarsi dai mali che lo affliggevano: innumerevoli indemoniati, ciechi, paralitici ed afflitti. Addirittura venivano portati i morti da coloro che per amore volevano farli tornare in vita.

E questo non soltanto nella nostra città, ma una volta trasferite delle reliquie del santo in luoghi lontani, queste con lo splendore dei loro prodigi testimoniavano la meravigliosa gloria della sua santità.

 

2096    A queste testimonianza del cielo si accordano, come è giusto, quelle degli uomini, soprattutto quelle dei contemporanei e dei vicini. Ma chi sono questi testimoni? Santi fra i più grandi: i Padri della chiesa e i Dottori di tutta la cristianità, come Ambrogio e Gregorio Magno che lodano, ammirano e predicano la santità del nostro vescovo.

Se poi ci riferiamo ad epoche più recenti, i testimoni sono numerosissimi e non solo cittadini della nostra provincia, ma anche stranieri d’Oltralpe; ed ai cattolici si aggiungono anche gli stessi eretici.

Io mi limiterò a citare due nostri vescovi suoi successori: l’uno è Petronio, anche lui santo, e più vicino a lui nel tempo, che ne fa un magnifico elogio sulla sua tomba. L’altro è il dotto Raterio che lo chiama "novello profeta, apostolo contemporaneo" e lo paragona a  S. Martino, anzi ad un angelo visibile calato dal cielo.

 

2097       Ma perché io cerco le testimonianze dei singoli, mentre testimoniano le città, le chiese, i popoli, le province, le nazioni intere di ogni tempo fino a noi? Il culto che viene prestato a lui nella Chiesa non è sol­tanto antichissimo ma anche molto diffuso. Non starò a parlare della nostra città che, come sapete bene, ha dedicato a questo santo non una sola chiesa, ma ben cinque fra le proprie mura e dodici nel territorio della diocesi, oltre ai molti oratori e ad un gran numero di altari e cappelle.

Tutt’oggi la nostra Chiesa celebra in suo onore non una sola, ma tre feste solenni e questa città lo ha eletto come suo patrono santo patrono principale.

 

2098                Voglio ora ricordare la solenne traslazione del suo corpo alla presenza di un re potentissimo, del nostro vescovo Rataldo e di due grandi santi nostri concittadini, che vollero portarlo a spalla, seguiti devo­tamente da tutto il popolo.

A quei canti di gioia non si rallegravano soltanto le rive dell’Adige e le pendici dei colli vicini che ne facevan eco, ma il cielo stesso pareva commosso e Dio stesso si manifestò con insoliti prodigi.

Durante la processione avvennero tante e tali guarigioni di ogni genere di infermità e ne derivò un entusiasmo tanto grande, che non soltanto si dovette allungare il percorso, ma dopo che il corpo del santo fu deposto nel suo nuovo sepolcro, il re, il vescovo ed i nobili fecero a gara per dotare la nuova basilica con ricchi doni ed ingenti patrimoni.

La basilica, che era sorta povera e nuda, prima del tramonto dello stesso giorno si trovò ricchissima e piena di ornamenti.

2099        Ma la venerazione di questo santo non si limitò soltanto a Verona: lo volle­ro onorare ben venti fra le più illustri città d’Italia. Alcune lo presero per patrono, come Pistoia e Cesena; altre osservarono solennemente le sue feste, altre fondarono monasteri in suo onore e tutte eressero chiese e le intitolaro­no al suo nome.  E non solo una o due, ma quattro e sei e ancor più, fino a quindici in una città come Brescia e venti in una sola diocesi, come Milano. Il suo culto non si arrestò ai confini d’Italia, ma giunse attraverso la Germania fino a città lontane come Frisinga e Salisburgo e, passato in Svizzera, si diffuse attraverso le Gallie, tanto che ben possiamo dire con il nostro S. Petronio che la grandezza della sua virtù non può essere ristretta entro confini angusti, ma si diffonde e penetra fino agli estremi confini del mondo.

 

2100                E fate attenzione, illustrissimi, in quale epoca splendette questa grande luminosa figura.

A quei tempi non era così raro vedere un santo, come lo è oggi, anzi ce n’erano molti e fra i più notevoli, un po’ in ogni parte del mondo. Illuminavano l’Oriente Basilio, Nazianzeno, Atanasio e Crisostomo; mentre nell’Occidente risplendevano Ambrogio, Agostino e Girolamo. Nelle Gallie Ilario e Martino, in Italia Paolino, Eusebio, Damaso e Celestino. Non c’era quasi nessuna città vicino a noi che non avesse al suo interno uno di questi splendori acceso e vivo. Brescia si gloriava del suo Filastrio e di Gaudenzio; Vicenza di Apollonio; Trento celebrava il suo Vigilio; Como il suo Felice; Modena il suo Giminiano.

A Verona S. Zeno splende in mezzo a trentasei vescovi santi, alcuni dei quali suoi immediati prede­cessori, altri suoi successori ad intervalli relativamente brevi.

2101    Quanta doveva essere, secondo voi, la forza di questo splendore che non appariva tenue, né smorto o calante, ma sfolgorante, come luce emessa da moltissimi lumi, fino ad essere percepita nei luoghi più lontani, talmente viva da calamitare gli sguardi ed esser meraviglia per i vicini ed i lontani? Non vi sembra che una santità così chiara, così illustre, così notevole, dovesse esser del tutto inattaccabile alle paure ed alle lusinghe?

La sua dottrina era potente nella lotta contro gli errori.

Avete visto il fulgore e la precisione di questa freccia, ora osservate il taglio doppio ed affilato di questa spada.