LA MANSUETUDINE
“Come pecore in mezzo ai lupi” (Mt 10, 16).
Manda le sue pecorelle non solo ai lupi, ma in mezzo ai lupi. Anche qualora vengano morsi, non vengono divorati, ma anzi trasformano i loro nemici.
Dio, infatti, volendo esser glorificato nei suoi servi, in questo modo fa apparire meglio la virtù della sua grazia, tanto forte nel superare e vincere, tanto soave nel condiscendere e nell’adattarsi all’indole dell’uomo; dell’uomo che deve esser vinto per ottener la sua salvezza e che opera con Dio per vincere a gloria di Dio stesso.
2073 La ragione e l’esperienza dell’uomo dimostrano che quando il nemico è forte e furioso, è facile essere vinti. Allora, dapprima ci si sottrae a lui in tempo, ci si ritira, ci si nasconde, si sopportano le perdite e i danni con serenità. Poi si chiamano i soccorsi necessari, quindi si attacca quando è il momento giusto. Infine si fa buon uso con moderazione delle vittorie riportate, senza assumere atteggiamenti fieri e insolenti, ma piuttosto piacevoli e facilitanti.
Si vince completamente il nemico quando, dopo averlo disarmato, si riesce a conquistargli il cuore. Il modo di operare dell’uomo, secondo la sua natura razionale, è di esser semplice e prudente: “Semplici come colombe, prudenti come serpenti” (Mt 10, 16).
2074 Attraverso la prudenza si evitano le insidie. E come a causa del serpente l’uomo fu ingannato, così ora deve esser liberato attraverso la prudenza degli apostoli.
Come il serpente infatti apprezzò l’albero del male nel paradiso, così gli Apostoli ora devono lodare e diffondere nel mondo la virtù della croce.
Come il serpente ha mosso l’attacco attraverso la donna, con lusinghe di speranze illusorie e promesse dell’immortalità, così gli Apostoli devono credere alla opportunità del predicare, di svelare la speranza dei beni futuri, e devono render noto che Dio ha promesso che chi crede in lui sarà simile agli angeli (Mt 22, 30).
Ma alla prudenza del serpente è aggiunta la semplicità della colomba; infatti non è sufficiente sopportare i mali: l’uomo di Dio deve anche cercare di non turbarsi. L’ira non si vince con l’ira, ma piuttosto si spegne con la mansuetudine.
In questo senso S. Zeno era come una spada affilata attraverso la Parola di Dio di cui era servitore.
2075 Non bisogna però temere che per la sua mansuetudine venga tolta a lui la gloria che proviene da Dio.
La grazia non sottrae nulla alla natura umana, anzi le aggiunge perfezione e splendore.
E infatti se gli uomini senza sbagliare ascrivono la gloria delle grandi imprese alla fortezza e alla prudenza di chi le ha guidate, bisogna però riconoscere che la maggior parte di questa gloria è originata, in quelle qualità degne di ammirazione, dalla mansuetudine. Essa elimina l’aspetto vile e ingiusto della fierezza e della sopraffazione ed alimenta l’aspetto bello ed onesto della moderazione e della comprensione.
2076 Così noi vediamo che è stimato come capitano fortissimo e prudentissimo, e celebrato con grandi lodi, di fama immortale, non colui che dà comandi sotto l’impulso dell’ira o dell’impazienza o spinto dal desiderio di vanagloria o da piaceri o interessi privati, ma colui che comanda illuminato da consigli ragionevoli e posati. È considerato fortissimo e prudentissimo quel capitano che non muove battaglia, né accetta di entrarvi quando l’esito è incerto e pericoloso, ma piuttosto cede, si ritrae, sostiene le fatiche, i danni, gli insulti del nemico, le reazioni dei soldati, i sospetti del popolo senza turbarsi: e nel frattempo raduna le forze e chiama i soccorsi.
E nel momento in cui intuisce che le circostanze gli sono favorevoli, crea il fronte, avanza e dà la carica; e quando si trova con la vittoria in pugno ne fa uso moderato. Non assume atteggiamenti fieri ed insolenti, ma piacevoli e facilitanti, poiché si vince completamente il nemico quando si riesce a conquistargli il cuore.
2077 Ma è ancora poco dire che la mansuetudine del nostro campione non perde, ma anzi guadagna nella gloria riconosciutagli dagli uomini.
Infatti è maggiore quello che ne acquista dal momento che il Signore ricambia la gloria che riceve per mezzo del suo servo, facendolo partecipare della sua stessa gloria.
La maniera più gloriosa di vincere infatti, la più perfetta e allo stesso tempo quella propria di Dio è quella di vincere con le stesse armi e con le stesse risoluzioni dei nemici. Il Signore, che insegna ai mansueti le sue vie (Sl 24, 9), svelava a S. Zeno le risoluzioni delle tenebre e della frode diabolica dei nemici.
2078 «Vedi l’astuzia di questo scaltro serpente, - scrive S. Zeno - apprendi la prudenza che permette a te e al tuo popolo di evitare le sue insidie: “Siate prudenti come serpenti” (Mt 10, 16).
Così come l’uomo fu ingannato dal serpente, così dovrà esser liberato dalla prudenza degli uomini apostolici.
L’antico serpente lodò l’albero della morte nel Paradiso terrestre, tu devi lodare in questa città terrena la potenza della croce. Quegli mosse l’assalto per mezzo della donna, lusingò con speranze false, promise l’immortalità: tu potrai guarire il popolo incominciando dalla liberazione della mobile donna posseduta dal demonio e svelerai così la speranza dei beni futuri, renderai nota la promessa divina secondo cui chi crede in Dio sarà simile agli Angeli.
2079 Alla prudenza del serpente aggiungi però la semplicità della colomba. “Siate semplici come colombe” (Mt 10, 10).
E dal momento che i peccatori cercheranno di contraddirti e non è sufficiente sopportare i mali, non deve turbarsi l’uomo di Dio, perché l’ira non si vince con l’ira ma si spegne con la mansuetudine.
Così Dio parlò a S. Zeno e la bocca di questi divenne spada affilata proprio per la Parola di Dio di cui era ministro: “Rese la mia bocca come una spada affilata” (Is 49, 2). Ma questa spada era riposta nella guaina sotto il braccio e la mano di Dio: “Mi nascose sotto l’ombra della sua mano” (ivi). Ed era come una freccia scelta :”Mi rese freccia appuntita”, ma nascosta nella custodia di Dio: “Mi ripose nella sua faretra” (ivi).