Last but not least, la vera protagonista di tutto questo movimento e lavoro è stata Lei la Vergine, nôtre Dame de Lourdes. Nel senso che, quando si cerca il luogo, si imbastiscono pratiche, si aprono strade, è Lei "termine fisso" del nostro povero ma filiale "consiglio". Ed è protagonista anche nel senso che fu Lei a disporre che si erigesse questo Santuario. Senza esaltazione, senza cercare di dimostrare una tesi, narrerò le cose come avvennero.
È noto che il 6 aprile 1945 il complesso edilizio delle Stimate venne colpito da un bombardamento aereo, bombardamento che causò gravi danni anche ad altre zone della città. L’edificio delle Stimate rimase assai danneggiato, specialmente nella parte che si affaccia su via Montanari. Rimasero distrutti: la stanza del Bertoni, le scuole, il teatro e danneggiata irreparabilmente la ex chiesa di s. Teresa, trasformata in Santuario della Madonna di Lourdes. La statua dell’Immacolata di Ugo Zannoni che era posta in alto, in una nicchia sopra la grotta che chiudeva l’abside, cadde dolcemente in avanti sopra un cumulo di macerie e fu ricoperta da un lieve strato di polvere e intonaco. Non riportò alcun danno, e nelle sue mani giunte fu ritrovata la catenina d’oro che le avvolgeva.
Dal 6 aprile in poi nessun altro bombardamento aereo colpì Verona, e dopo una ventina di giorni la guerra era finita.
La statua – secondo l’affermazione di p. Fantozzi – pesava 36 quintali e non era agevole a trasportare. Comunque venne rimossa dalle macerie, trasportata nella chiesa delle Stimate e collocata sopra l’altare di santa Caterina. Ciò avvenne nel mese di febbraio 1946 (Bert. 1946, p. 101). Essa troneggiava, là in alto, sorretta da solida impalcatura, incorniciata da drappi bianchi e azzurri, onorata da freschi fiori e vasi, soprattutto invocata da chi portava in cuore e negli occhi gli orrori della recente guerra. Il giorno 11 febbraio, nota il cronista delle Stimate: «La bianca Immacolata salvatasi dalle rovine del suo bel Santuario, ospite regale della chiesa madre, riceve oggi omaggi tenerissimi dalle folle devote che vi accorrono da tutta la città. Alla novena e festa predica don Oldani, rettore dei Salesiani». «Il servizio liturgico venne prestato dai chierici di Cadellara, arrivati di fresco nella nuova sede, cioè il giorno 11 gennaio 1946». (Bert. 1946, p. 101 e 103)
La "bianca Signora" rimase nella chiesa delle Stimate per parecchi anni, meta di visite e pellegrinaggi da parte di gruppi e singoli fedeli, segno della devozione profonda e costante da parte del popolo di Verona. Le ricorrenze dell’8 dicembre e dell’11 febbraio erano celebrate con solennità, con l’intervento di predicatori affermati e di vescovi.
L’11 febbraio 1948 «presiede le varie funzioni il padre Generale (p. Martinis). Gran gente, attirata oltre che dalla devozione alla nostra Madonna, dall’eloquenza di padre Alessandro Grigolli». (Bert. 1948, p. 225).
Nel 1949 interviene mons. Chiot, nel 1951 troviamo mons. Rauzi, vescovo ausiliare di Trento, nel 1952 Mons. Allorio, vescovo di Pavia, nel 1954 mons. Pangrazio, vescovo ausiliare di Verona, nel ‘57 mons. Urbani, vescovo di Verona.
E così fino al 5 marzo 1964, giorno in cui venne trasportata nella "sua" nuova sede, sul colle di san Leonardo.
Riprendo ora la citazione delle note da me stese nel 1953.
«A questo punto la realizzazione del vasto progetto non parve semplice. Vincere le difficoltà interne ed esterne, ottenere la cessione del forte da parte del demanio, acquistare il terreno per la costruzione della Scuola Apostolica, aprire ex novo una strada che portasse fino al forte, ottenere dallo Stato la somma dovuta come risarcimento dei danni di guerra, interessarsi per la vendita del terreno della ss. Trinità, cercare il progettista dei due complessi e l’impresa edilizia che doveva costruirli».
In quel tempo – dopo un anno e mezzo passato a Cadellara (11.1.1946 - 24.9.1947) io dimoravo a Sezano, ritornato finalmente sede della Scuola Apostolica, (settembre 1947) e vi rimasi fino al 27 ottobre 1952. Non avevo esperienza di queste cose, ma un po’ di buona volontà e tanto entusiasmo. E la prospettiva di essere all’inizio della fine del "vagabondaggio" dei nostri studenti seminaristi, in vista di una sede stabile. Personalmente l’essere Consigliere provinciale – anche se pivellino – comportava un senso di autorità anche se non di autorevolezza, presso gli altri.