IL TEMPIO DI LAMA E LA SUA BONZERIA

Una mattina siamo usciti a vedere il tempio di Lama, curiosi di vedere i bonzi ed anche per farci un'idea di una pagoda officiata. Pagando un po' abbiamo potuto vedere il tempio, o meglio i templi, ce ne sono cinque sei, e la bonzeria. Mannaggia che roba! Diavoli ad ogni cantone, diavoli e idoli di tutte le dimensioni, piccoli, grandi, colossali, con certi visi, con certi baffi, certi occhi da far paura: non so come facciano ad ispirare devozione, sembrano fatti apposta per fuggirli, tanto son brutti e spaventosi. Ci guidava un giovanotto e ad ogni tempio veniva un bonzo ad aprirci e anche ad invitarci a bruciare l'incenso o almeno ad accendere una candeletta a Buddha. Ma va là, caro. Se mi domandi di prendere tutti i tuoi bei idoli e gettarli in strada, te lo faccio molto volentieri, per il resto tira dritto, che perdi fiato. Siamo entrati anche nello studio dei bonzi e dei loro allievi. Sentiste che baccano, che voci tutti gridano e cantano la loro lezione, lì seduti all'indiana sulle gambe, con vicino l'acqua calda per bere tra una cantata e l'altra, vestiti in un modo speciale con la testa rasa rasa. Ce n’erano tanti. Che siano poi tutti convinti non credo; tanti fanno i bonzi per non morire di fame. Finalmente siamo entrati anche nel tempio dove c’erano i bonzi officianti, dove in quel giorno si era offerto il sacrificio. L'offerta si trovava ancora sull’altare tra il fumo degli incensi e la luce delle piccole candele: consisteva in un piatto di dolci cinesi, una bella gallina, spennata e grassa, una simpatica testa di porcello e un bel pesce grosso ornato con nastrini di seta; però quello che commuoveva di più era il vedere quella cara testa di porcello, e la devozione dei bonzi che guardandola sembravano dire: «Che bel boccone». I bonzi erano lì seduti in fila con il loro abate in mezzo, uno batteva il tamburo, un altro suonava i piatti, tutti cantavano in coro le loro preghiere con una nenia e monotonia peregrina. Seri e gravi nell'aspetto, seduti sulle proprie gambe, senza scomporsi per gli indiscreti visitatori che entravano nel loro tempio con nessun segno di devozione dipinto sul volto, col cappello in testa, continuarono imperturbati il loro ufficio. Ogni tanto l’abate suonava un campanello e allora tutti cambiavano tono e preghiera: continuano a pregare sempre così dandosi il cambio anche la notte: se lo facessero per amore del vero Dio!