Sabato 3 dicembre 1932.

Giornata bella e piena di diversivo, sempre lungo le coste cinesi. Un pensiero ed una preghiera anche a S. Francesco Saverio: oggi è la sua festa, speriamo tanto nella sua intercessione e nella sua benedizione.

Si fanno i bauli per Shanghai, si canta si sta allegri, si fa un'ultima suonata di grammofono, si ha tutta la ragione di respirare a pieni polmoni. Ci siamo, capperi, ci siamo, se non altro siamo in Cina. A cena il capitano ci offre la serata d'addio, sturando alcune bottiglie di Champagne: se non vuoi altro... l'assaggeremo anche noi: è tanto naturale!

 

SHANGHAI. 4-6 dicembre 1932.

Arrivammo a Shanghai alle cinque pomeridiane, dopo aver risalito per più ore l’immenso estuario del fiume Azzurro. Questo fiume è tanto grande che si ha l’immaginazione di trovarsi ancora in mare: ci si accorge di essere sul fiume dal colore delle acque, colore di fango, prodotto dalle grandi e continue alluvioni. Dopo molte peripezie, vidimati i passaporti, segnati e consegnati i bauli per lo sbarco, con l'ansia e la preoccupazione dei nuovi arrivati, inesperti, senza sapere la meta da raggiungere, in mezzo a gente che non si conosce e che non si capisce, con la testa piena di confusione, siamo finalmente scesi a terra, in terra cinese, dando l'addio alla bella nave italiana, ultimo e caro ricordo della patria lontana. Per fortuna avevamo con noi Mons. Fraser, che conosceva Shanghai e si recava anche lui dai Padri Lazzaristi. Che storie questi benedetti sbarchi, quante note. E alla dogana, aspetta che ti aspetta, lì al freddo, di notte, stanchi morti, tra tutti quei cinesi, quei facchini, che gridano, spingono, rovinano i bauli gettandoli in terra senza nessuna cura; aspettare la polizia che esamini le valigie, la quale polizia sembra che questa sera non esamini più perché è ormai tardi: una confusione del diavolo poveri noi se ci dovessimo trovare sempre in tali impicci, sarebbe da disperarsi. Una volta ogni tanto non fa male, istruisce e rende più furbi.

Fuori della dogana con nostra grande gioia trovammo un Padre della Procura, che ci aspettava e aveva già pronta l'automobile per condurci a casa. Meno male. Un momento dopo eravamo dai Lazzaristi. Ci accolsero come tanti fratelli, ci diedero da mangiare, un buon letto, e arrivederci a domani. Sono tutti francesi, c'era presente anche un vescovo.

Come si dorme bene in terra ferma! Ho fatto una tirata lunga lunga, e ce n’avrei messo ancora se la convenienza e l’educazione, non avessero consigliato diversamente.