SEMINARISTA ESEMPLARE
Il fervore della mia vita di seminario era esemplare. Tutti gli anni passavo con il voto 10, senza dover così sostenere gli esami.
A quell’epoca il mio equilibrio interiore era meraviglioso. Non avevo timore di nulla. Ecco alcuni episodi di coraggio.
A ricreazione giocavamo a guardie e ladri. Un ladro come me non lo prendeva nessuno.
Saltavo muri, mucchi, passavo fra i cespugli. Ma arriva sempre l’ora della disfatta… Saltando un muro inciampai e il mio braccio destro si ruppe, ma non mi persi di coraggio: imparai a scrivere il greco con la mano sinistra, così agli esami presi 10.
Altro esempio di coraggio. Nel torneo di calcio io ero il portiere titolare. Come mi piaceva balzare da un lato all’altro, specialmente quando pioveva! Un giorno entrò in campo la squadra dei “grandi” contro quella dei “piccoli”. Tutti pensavano che avrebbero vinto “i grandi”, ma non avevano tenuto conto del portiere. Prendevo tutti i palloni con coraggio e senza paura. Vincemmo per uno a zero. Fui portato in trionfo e ricevetti in premio un bel paio di guanti.
Anche al teatro partecipavo senza timore, mi piaceva molto. Una volta feci la parte del cannibale… tanto, avevo una bocca grande!
Ma a 16 anni cominciarono i dubbi interiori che mi crearono timidezza e timore.
Non riuscivo a studiare con equilibrio. Che vergogna! Fui bocciato, io che ero il primo della classe! Avevo timore di tutto. Ciononostante i miei compagni incaricavano me di chiedere ai superiori il permesso di giocare a pallone ed altro. Ricordo la felicità dei compagni quando ricevetti il permesso di assistere alla partita Italia-Inghilterra, in casa del vicino.
E quando ruppi 20 piatti (dico 20!) mentre apparecchiavo la tavola! Quasi me la feci… in braghe. Pensai che il mio superiore mi avrebbe cacciato dal Seminario. Ricevetti solo la penitenza di restare in ginocchio con i cocci in mano, mentre i miei compagni entravano in refettorio. Alcuni sorridevano, altri mi battevano sulla schiena in segno di appoggio.
Recuperai l’equilibrio del mio spirito verso i venti anni.
Adesso devo riconoscere la bontà dei superiori, che mi compresero e mi sostennero perché ce la facessi. Grazie!