LA POLENTA E IL MAIALE
Verso pomeriggio eravamo attorno al tavolo aspettando affamati di avere polenta e il sugo di pollo. Mia mamma scodellò la polenta sulla panara e la assaggiò. Era senza sale! (Peccato mortale secondo il costume italiano). In un istante rimise tutto nel paiolo e aggiunse il sale.
Noi guardavamo la sua bravura pensando però che non sarebbe riuscita a rimediare. Invece ci riuscì: la polenta diventò più saporita delle altre volte.
Questo è un episodio per ricordare come la mamma Teresa metteva il giusto sapore nel cibo e il sale della sapienza nell’educazione dei figli.
Un ricordo ancora: uccidere il maiale era un avvenimento importante per la nostra famiglia e per il vicino, il signor Marino. Un maiale solo forniva cibo per quasi tutti i giorni dell’anno: salami, salsiccie, brigaldoli [1] e carne saporita.
E io? Partecipavo a tutto. Solo una cosa mi spaventava: i gemiti del maiale prima di morire.
Fuggivo non so dove. Ritornavo solo quando era tutto finito: il maiale appeso, le persone che insaccavano salsicce e salami, che poi venivano lasciati stagionare nel fresco della cantina. “Mors tua, vita mea: la tua morte è la mia vita”, dicevano i latini. Però, senza queste risorse la guerra ci avrebbe lasciato più di una volta senza mangiare.
Per questo penso che sia una grande mancanza di giustizia e di fraternità da parte dei paesi sviluppati, da parte delle organizzazioni e delle persone ricche — tutti sfruttatori! — lasciar morire i fratelli di fame e di stenti.
La nostra testimonianza deve dichiarare falso questo detto: «mors tua, vita mea»; deve proclamare il Sì alla vita. Per tutti!
Dice Gesù: «Io sono venuto perché tutti abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza» (Gv 12,10).