Giovedì 16 Giugno 1949
Corpus Domini. Celebro di buon'ora, temendo di essere disturbato. Mi devo servire di uno sgabello e di un pezzo di tavola a cui sovrappongo la valigia-altarino; mi hanno sottratto un tavolinetto che, a malincuore, mi avevano assegnato. Nel pomeriggio mi unisco di lontano alle Messe ed alle belle funzioni che si celebrano in Italia.
Credevo di andarmene oggi: è il 16; 10 giorni che sono partito da KIAN-CHEN, due mesi di carcere. Ieri sera li vidi andare a parlare in gran segreto ai loro superiori. A sostituirli venne il vice-Commissario. Senza parlare. Si mise anche lui a stridere quel disgraziato violino. Nelle stanze adiacenti, per qualche ora al mattino, vengono una trentina di detenuti che hanno un po’ di sollievo mentre attendono a cucire suole di scarpe (suole di stoffa per scarpe di stoffa). Fra essi tre sacerdoti cinesi dei dintorni, la cui presenza mi fu resa nota solo alla mia uscita dal carcere. Uno di essi, facendomi qualche cenno con gli occhi, m'indusse in qualche sospetto, ma non potemmo mai scambiarci alcuna parola e io non arrivai a supporre tanto. Se l’avessi supposto avrei rotto la consegna delle guardie presenti, senza troppi timori. Sono in carcere da parecchi mesi.
Venerdì 17 Giugno 1949
Anche qui le guardie rubano. Il capoccia (Kao) sotto i miei occhi mi ruba un “manto” (pane cotto a vapore).
La solita farina di grano saraceno mangiata ieri mi ha messo in gran disagio. Alle mie rimostranze le guardie rispondono con tutto il loro veleno; fra ieri ed oggi mi sono sempre addosso con tutti i loro pungiglioni.
Stamattina hanno ammainata la bandiera rossa, dopo due giorni da che era esposta. Chiesi perché: non me l’hanno voluto dire.
Sabato 18 Giugno 1949
L’ape è avvelenatissima per essere stata scoperta a rubare. Si attacca a quel disgraziato violino con costanza da primitivo: 3/4 d'ora, un'ora, la stessa nota. Tutta la notte non dormo, mi pare di sentire ronzare gli aeroplani.
Domenica 19 Giugno 1949
Non posso più avere gli oggetti da barbiere; sono le solite vendette di questi menzogneri.
Nel pomeriggio vado per parlare ai capi (vorrei ostie, vino e soldi a prestito dal prete locale), ma non trovo nessuno. I miei segugi sono richiamati a dovere per non avermi vigilato. La vespa avvelenatissima mi percuote con uno sgabello.
Lunedì 20 Giugno 1949
Devo fare il bucato senza sapone, vigilato dall’ira della vespa. L’ape non è meno velenosa. Da più giorni mi servono il cibo per terra, come a un cane, ma io non ho mancato di farlo notare subito. Bollono di rabbia nel dover pure curarmi in qualche modo. Hanno delle vere crisi di isterismo.
Martedì 21 Giugno 1949
Per sfuggire le ire dei miei custodi me ne sto a me, occupandomi tutto il giorno di un disegno di chiesa. Il mio silenzio e concentramento li impressiona. Osservano in silenzio i miei disegni, ma non osano interrogarmi.
Mercoledì 22 Giugno 1949
Il vento ha una singolare risonanza fra le gole di questi monti; penso al viaggio del beato Odorico da Pordenone, là dove narra un meraviglioso fenomeno del genere. La città di KAL-GAN è posta su un dolce declivio, a poca distanza è cinta da una corona di monti; dal mio cortile ne scorgo uno di questi monti che si avvicina ai mille metri, mentre la città è a 700.
Su un altro monte scorgo una vecchia pagoda, con un chiosco accanto; di sera, contro luce, fa un bellissimo effetto. Vi stanno facendo dei lavori di sterro, forse si tratta di fortificazioni. Se la finissero una buona volta di fare la guerra!
Ho terminate le ostie grandi. Domani, ottava del Corpus Domini, dovrò celebrare con ostie piccole.
Giovedì 23 Giugno 1949
Decido di conservare il santissimo Sacramento. L’uso del mio oratorio privato pare ormai pacifico. Sono agli estremi anche del vino; devo celebrare con poche gocce.
Circa le 10.30 capitano due fermati, che dopo mezzogiorno se ne vanno. Uno riconosce l’immagine del S. Cuore e mi chiede se sono prete.
Domenica 26 Giugno 1949
I carcerati vengono prestissimo a cucire le suole nelle camere adiacenti. Le loro guardie si uniscono alle mie; sono poi sempre lì a giocare colle armi, ed io non me ne fido: non vorrei buscarmi qualche scarica impensata.
Comincio a temere che la mia dimora qui vada sempre più a lungo. Forse anche gli altri saranno al campo di concentramento. Ieri è partito il trattenuto, mio vicino. Patisco la fame. Penso che questi poveri disgraziati debbano la loro efficienza alla continua mortificazione a cui si sottopongono: mangiano malissimo. E ciò - dicono - per adeguarsi al popolo, il quale viceversa, deve adeguarsi a loro e se non avesse i loro insegnamenti ascetici starebbe molto meglio. Come è ributtante per un cristiano tutta questa diabolica ipocrisia!
Lunedì 27 Giugno 1949
Mi prendono anche il pezzo di tavola su cui posavo la valigia-altare. Da domani celebrerò nascostamente, senza paramenti, valendomi delle facoltà straordinarie di cui siamo muniti.
Mi sorprendono tristi pensieri di abbattimento.
Martedì 28 Giugno 1949
13° anniversario della mia ordinazione sacerdotale.
Piove a dirotto.
I carcerati non vengono a cucire nelle stanze vicine. Io attendo alle mie pratiche mattutine nella stanza comune e poi mi ritiro nella camera ovest e là celebro segretamente. Nella teca per la comunione degli ammalati ho messo un’ostia piccola; in una boccettina adatta ho messo pochissimo vino con tre gocce d'acqua; Me li nascondo ambedue sotto la veste, nei taschini del corpetto. In uno dei taschini tengo le reliquie del beato Odorico da Pordenone e di san Vito, nell’altro ho una reliquia della santa Croce; l’Eucerestia dunque posa proprio sulle reliquie dei santi, come è prescritto. Fra le mani tengo il messalino tascabile e mi dico la mia Messa in piena regola senza che nessuno si accorga di niente. Durante il giorno conservo nel fondo della boccettina una goccia di vino consacrato, e così ho con me il Signore sotto le specie del vino. Nel pomeriggio mi intervista uno dei soliti mosconi, e l’ape mi è subito al fianco. Suppongono che io sia chi sa chi, non mi hanno spiato abbastanza. Sono però felici di insultarmi e di opprimermi come prete.
Provo grande abbattimento.
Mercoledì 29 Giugno 1949
Appena ho terminato di celebrare, come ieri, arrivano i carcerati. Più presto mi sbrigo e meglio è. L'oratorio non è comodo: ha correnti d'aria, si sentono i rumori della camera, è umido.
Oltre i calzolai, anche i fiorai si mettono al lavoro nella camera est. Dopodomani, 1° luglio, si festeggiano le grandi vittorie del Partito e quindi ci vogliono vistose rose di carta. La sede, oltre la strada, è tutta infrascata, ma basta poca acqua per avvilire tutti quei trionfi cartacei. Voglia Iddio che quelli che se li decretano ed erigono facciano presto la stessa fine!
Giovedì 30 Giugno 1949
Mi occupo di un disegno di tempio da erigersi a Maria Santissima quando avrà confusi e vinti tutti quei suoi nemici. I miei guardiani osservano muti, ma sono ben lontani da immaginare di che cosa si può trattare.