Martedì 17 Maggio 1949

Di buona mattina colazione all'albergo; torno alle 7. Alle 9 comincia a farsi vedere l'uomo che mi deve trasportare. Alle 11 si leva un potente “sipei” con polvere da non dire.

Alle 12 volevo tornare a mangiare in vista dell'imminente partenza, ma non mi si permette assolutamente. La Repubblica in pericolo! Guai se mi si vede o se io vedo qualcuno!

Alle 13 siamo ancora qui in cortile. Alle 14 si parte. Alle 17.40 siamo a FU-TA-YU. Alle 20 a LANG-CHWANG. Il mulattiere che mi trasporta è stato prelevato sul mercato; ha dovuto lasciare le sue granaglie sul posto, per trasportare invece me e le mie cose. Quando i padroni comandano non si discute. Era tutto tremante al primo vedermi, ma non ci volle più di mezz’ora di cammino per voltare casacca. La guardia che m’accompagnava (giannizzero numero 1) volle usare di lui come spia. Si tenne indietro e mentre noi andavamo, il brav’uomo mi abbordò con domande troppo apertamente indiscrete. Risposi prima genericamente, ma poi me ne guardai come dagli altri. 

Mercoledì 18 Maggio 1949

Alle 5.30 si riparte; alle 6.30 siamo sul passo WUH-VEI-LING: 1500 m.l.m. - La vista è ampia ma desolata, come sempre in questa Cina immensa, che vi domina e vi annienta. Unica nota vivace: un cespuglio di lilla fiorito.

Le poche case che servivano da pagoda e da albergo, sono state rase al suolo; anche qui la guerra ha lasciato la sua unghiata.

Lungo la discesa (12 Km) due volte vengo scambiato per medico; la prima volta mi limitai a dare un consulto sulla strada, la seconda volta tiravo dritto, ma fui rincorso e portato quasi di forza in una camera, dove una vecchia giaceva sul letto. Sopraggiunse di corsa la guardia, che impedì ogni cosa. Vedendosi mal visto cercò di giustificarsi col dire che non avevo medicine e non me ne intendevo. La paura ed il livore erano su quei visi. Questa è una riprova di quanto il popolo odia i missionari e di quanto li amano invece i comunisti, che con tanta fatica e dispendio si sono assunta la mia protezione. Lo dissi già ai signori della Questura, che quel loro parlare è una continua calunnia dei popolo. Voi, però, potete avere cento e cento argomenti, ma non riuscirete a scalfire la loro faccia di bronzo.

In un paese a valle mi avvenne di nominare casualmente i dollari americani, per tradurre il valore di non so più che cosa. Scandalo per gli uditori; lo zelante giannizzero me ne rimproverò vivacemente. Una volta in Questura un suo collega ne fece addirittura una scena clamorosa. Nelle terre liberate non è permesso nemmeno nominarle certe cose. 

Giovedì 19 Maggio 1949

NAN-KWAN-TOW è il paese del carovaniere Ly-Lao-Scheng; abbiamo pernottato in casa sua.

Alle 3.40 dico Messa senza vesti sacre; alle 4.30 si parte per SHE-KING, mercato di campagna, dove il nostro uomo deve vendere qualcosa. Ci accompagna una sua figlia di 13 o 14 anni. Passiamo per YANG-KIA-CHWANG, paese di cristiani, ma non ne vedo alcuno. Solo qualche ex alunno delle nostre scuole rimasto pagano, mi fa un sacco di domande, mentre mi accompagna verso il mercato. Vedendomi restio, perché non volevo mancare alla consegna di non parlare con la gente, un po’ assediano me e un po’ assediano la guardia. Il giannizzero non vuole rivelare i fatti suoi e nemmeno i fatti miei, e deve non poco destreggiarsi .

Alle 11 lasciamo il mercato ed io proseguo in bicicletta, perché, ormai siamo sboccati nella pianura. Il giannizzero e il trasportatore si dividono il tempo per sedere sul dorso del mulo che trasporta l’altra mia roba. La figlia è ritornata a casa con l’asino.

Alle 12 siamo a PAO-YANG; alle 15 a KIANG-CHENG (18 Ly a ovest di PAO-TING-FU). Veniamo fermati dalla Questura locale; il giannizzero fa la mia consegna e poi scompare con mio grande sollievo. Sono però in una nuova situazione che non promette nulla di buono. Tornia

mo da capo?

Mi bevo un po’ di caffè per levarmi tanta stanchezza di dosso. Mi servono un po’ di riso, dopo tanto tempo che non ne vedo.

Devo piegarmi ad un nuovo minuziosissimo inventario della mia roba. Quello fatto a LAI-YUAN prima di partire non conta. Ciò mi dà maggior ansia. Più si scrive, più si sa di essere ladri o si ha timore di esserlo. Basta, non dico altro. Finita anche questa vengo trasferito in una casa privata contigua alla Questura, dove dovrò restare.

Quasi tutta la mia roba rimane in Questura. La stanza è grande e vuota; il k’ang è ancora umido perché appena rifatto. In complesso i nuovi padroni, come anche la gente del cortile, sembrano molto più umani. Si vede che non sono ancora educati nella virtù comunista dell’odio. Lassù i bambini, appena mi scorgevano, si davano alla fuga; precauzione necessaria per non apparire traditori della patria, familiarizzando con lo straniero. Non erano tutti così, ma quelli che abitavano più vicino alla Questura... 

Venerdì 20 Maggio 1949

Per poter celebrare vado a ritirare la valigia-altarino, rimasta in Questura. Ci vuole la dichiarazione scritta. Avendola fatta in italiano non serve; ci vuole in cinese. Loro non garantiscono la roba che ho con me nella casa dove mi hanno messo.

Esco da solo a vedere il paese (3-4 mila abitanti); verso sera non mi lasciano più uscire. Quello che mi servono da mangiare è una manna a confronto di LAI-YUAN. 

Sabato 21 Maggio 1949

Il giovane che mi hanno assegnato come custode e inserviente è un angelo a confronto dei tre birboni di LAI-YUAN. È molto giovane: è di una ingenuità e semplicità che sono manifeste, nonostante la sua professione. Anche i

birboni hanno bisogno degli onesti per stabilire il loro regno. Un birbone finisce sempre col compromettere un altro birbone. Un uomo semplice e onesto invece, può con la sua rettitudine cercare di rendere onesta anche la cattiveria dei birboni, che sanno usare di lui astutamente. Il mio ragazzo si chiama Ly-Kochung ed è di SU-SHUI. 

Domenica 22 Maggio 1949

Ieri ha piovuto a dirotto tutto il giorno. Alla sera ho invitato a dormire sul mio stesso k’ang anche il padrone di casa coi suoi due figli. Per obbedire alla Questura si erano ritirati nell'altra camera che manca di k’ang e di finestre, ma stanotte sarebbe stato troppo freddo. Sono ospite intruso e devo fare quasi da padrone. Il padrone vero è vedovo con due figli e una ragazza, che adesso è assente essendo andata a trovare l'altra sorella già sposata. I tre uomini si arrangiano alla meglio, facendo da soli la cucina. Stamane, cessata la pioggia, il padre si è alzato di buonissima ora, raccomandando al figlio maggiore (18 anni) di levarsi presto per preparare la colazione. “Io vado a vedere se è nato il granoturco, se sono nati i fagioli”.

Tutta l’anima cinese è qui: il cinese è contadino al cento per uno. Con quanta speranza mi parlava l’altro ieri del bisogno di pioggia! Come è contento adesso!

Tutta la giornata l’hanno passata a rimescolare il grano, che tengono nascosto in certe giare sotterrate nel cortile. L’anno scorso i soldati rapinarono ogni cosa ed essi hanno

dovuto ricorrere a queste industrie.