Lunedì 25 Aprile 1949
Nel pomeriggio riesco a vedere il sostituto del Commissario (che non si chiama Kuo e non si può mai sapere come uno si chiami): mi ascolta per l'affare della penna, del cibo e della mia liberazione. Prima che i padroni tornino ci vorranno altri dieci giorni. Scrivo a Pechino. Dopo cena viene il Segretario per promettermi il loro meglio, ma per darmi nello stesso tempo un altro giro di vite: privarmi del passeggio. Nel contradditorio gli sfugge la vera ragione della mia detenzione.
Qui non siamo come a YI-HSIEN e a LAI-SHUI; qui siamo liberi da otto anni (“diciamo pure quattro! - Caro!”) quindi la vita comunista ha girato molto di più.
Martedì 26 Aprile 1949
Esco per la colazione all’albergo, ma poi tutto il giorno sto in casa: non posso più uscire a passeggio. Studio il Concilio di SHAN-GHAI. Nel pomeriggio la Questura mi manda il primo pasto popolare: cannelloni di grano saraceno e verdura condita con aceto e olio di lino; non c’è neanche male.
Mercoledì 27 Aprile 1949
Avendo avuto ieri un po’ di disturbo, mi è permesso di nuovo di uscire a passeggio, col divieto però di parlare con chicchessia.
Al mattino andiamo lungo il canale, dove stanno preparando una piccola centrale elettrica; nel pomeriggio andiamo al TUNG-KWAN dove ci sono i saltimbanchi. Le mie guardie si fermano a guardare ed io me ne vado su per la collina.
Razione: miglio e miglio.
Venerdì 29 Aprile 1949
Durante il passeggio, fino all’antica torre dell’est, scorgo una volpe che fugge dalle trincee scavate dai giapponesi.
Sabato 30 Aprile 1949
Sarà poi vero che si tratta di attendere solo pochi giorni? Penso alla prigionia di S. Paolo a Cesarea e a Roma. Questi signori della steppa riconoscono che non ho nessun torto, tranne quello del passaporto popolare, mi dicono anzi che sono libero di andarmene, intanto però non mi lasciano fare un passo senza starmi addosso. Devono sempre mentire, nel modo più insulso e contradditorio; si rivelano così: fedeli seguaci del padre della menzogna.
Domenica 1° Maggio 1949
Piove, o fa finta di piovere: da ieri. I giannizzeri hanno sempre dei pretesti per fare a modo loro. Nel pomeriggio riesco a stancarmi attraverso i campi, a stento però, perché non vorrebbero permettermi neppure questo. Non vogliono che vada più verso il TUNG-KWAN. Con la mia ispezione alla torre diroccata devo aver loro ispirato la paura di essere un agente militare. Povera ‘Repubblica del Popolo’ se trema per così poco!
Lunedì 2 Maggio 1949
Decido di tenere con me il SS. Sacramento, per mia consolazione e conforto. la teca per la comunione agli ammalati mi serve da pisside. Passeggio verso la centrale elettrica. Noto come sia già impiantata la linea per l’energia che ancora è in divenire. In Questura ci sono già anche le lampadine.
Martedì 3 Maggio 1949
È curioso il modo di rivolgermi la parola di questi cinesi. Otto anni di permanenza dei giapponesi li hanno abituati a parlare un cinese ad uso degli stranieri. Cominciano sempre col “tuo” invece che col “tu”.
Mercoledì 4 Maggio 1949
Penso che la mia detenzione sia connessa con la battaglia di TA-TUNG. Sono venuto in zona vicino al fronte, quindi sono più sospettato. Chissà: potrebbe essere!
Intanto non si vede nessuno tornare da Pechino (se pure è vero che vi sono andati). Da casa non scrivono, ed io invece ho scritto tre volte.
Da un sarto qui vicino mendico alcuni ritagli per riparare i miei panni.
Giovedì 5 Maggio 1949
Vado dal sarto che mi diede i ritagli, per poter usare della sua penna e mettere in ordine i miei registri. In casa sua, per alcuni momenti, non mi può prestare una penna. O mirabile libertà comunista! Ci vuole il permesso della Questura. Al ritorno immediato i miei segugi impiantano una scena di scandalo. Mi sento male; tutto il giorno soffia un vento violento.
Sabato 7 Maggio 1949
Termino lo studio del Concilio di SHAN-GHAI.
Nel passeggio fino alla torre dell'est scorgo per la terza volta la volpe: la inseguo con i sassi, ma...
La mia circolazione è pericolosa per la Repubblica. I giovani hanno moti spontanei di simpatia per me. Vorrebbero sapere, discorrere. Gli avversi alla mia presenza sono solo i segugi, gli addomesticati delle nuove dottrine.
Tornando dal passeggio mi sono accompagnato per un po’ con alcuni ragazzi dell’oratorio comunista. Bisogna proprio chiamarlo così poiché non fanno che imitare scimmiescamente quello che facciamo noi.
Domenica 8 Maggio 1949
Assolutamente non mi è più permesso di uscire a passeggio. Deí miei tre giannizzeri il primo (“sergente”) fa la faccia di miele, ma ha la lingua più velenosa degli altri. Il secondo è il più corto di mente, il più fastidioso e provocatore; il terzo doveva fare la parte del forzuto, ma dopo il furto della penna non si è fatto più vedere. Della mia penna non se ne parla più, e posso lasciare ogni speranza. Perché ho protestato per sapere qualche cosa, sono adesso rinchiuso. Mi hanno minacciato dicendo che fra qualche giorno mi passeranno alla vera prigione con i ferri alle mani e ai piedi.
Cerco di farmi amici i bambini di 2 o 3 anni che stanno in cortile. Le madri, gli adulti, instillano loro la paura, l'odio per lo straniero; insegnano loro le male-parole e poi hanno la sfacciataggine di dire che sono io che li spavento. La xenofobia di questo popolo è proprio inguaribile. È orrendo il modo con cui la insegnano ai loro figli.
Lunedì 9 Maggio 1949
Penso che è stato senza dubbio, l’ordine della Questura di Pechino a fermarmi qui. E i nostri di casa, forse ne porteranno conseguenze? Quale sarà la sorte di noi stranieri decisa nel grande conciliabolo a cui, si dice, siano
andati anche i capi di qui? Certo l'ospitalità dei nuovi padroni, non è maggiore di quella degli antichi, che costruirono la grande muraglia. La muraglia cade in rovina, ma l’avversione allo straniero resta.
Verso sera decido di fare gli esercizi spirituali approfittando dell’isolamento cui sono condannato. Comincerò domani.