Domenica 17 Aprile 1949

Pasqua in prigione. Celebro tutto solo e poi mi faccio condurre all’albergo per la colazione. A metà cammino noto che una delle guardie che mi accompagnano si allontana per un’altra strada con fare sospetto. Terminato il mio spuntino voglio ritornare al mio alloggio, ma loro con delle scuse mi spingono quasi di forza ad attraversare il mercato di SHA-HO. Qui mi si fa innanzi un mezzo sciancato chiedendomi il passaporto popolare. Io, duro, chiedo a lui chi sia e che mi mostri le sue carte. Dice di essere il Kampurti del quartiere est e si appella alla testimonianza dei curiosi che già cominciano ad ingrossare. Io indico col pollice rovescio i due che mi camminano alle spalle, ma i due marrani sono rimasti indietro, confondendosi con la folla. Li richiamo per citarli come mio passaporto, ma essi si tengono nascosti. Lo sciancato protesta di non conoscerli e di non poterli ricono

scere come testimoni validi. Il popolo non può essere garantito nella sua sicurezza se non dal passaporto popolare. I più miseri assentono. Afferrando allora tutta la malafede ed il ridicolo di simile situazione, apostrofo il mio oppositore davanti ai cento o duecento curiosi: “Voi state recitando una commedia molto male combinata; non ne siete capaci. Più voi cercate e cercherete di farmi opposizione, più io ne avrò vantaggio”. Mi volto di scatto e me ne vado a testa alta. I miei due giannizzeri escono dalla folla con gli occhi bassi: il loro tiro birbone è fallito. Seppi poi, molto più tardi, che lo sciancato era stato il motore di tutto. Ly Juan, tornato appena da Pechino, dove ha un qualche impiego, fece mostra di grande zelo ed intimidì il sostituto del Commissario minacciandolo di accuse presso il governo se non mi metteva subito in prigione. Dipinse nerissime le condizioni degli stranieri a Pechino, inventando tutto di sana pianta. Se non ci fosse stato il suo intervento avrei potuto curare i cristiani di LAI-YUAN e forse anche quelli dei paesi di fuori. Non sapendo tutto questo, lo giudicai uno zelante qualunque e nei giorni seguenti me ne feci beffe, incontrandolo per strada, perché nonostante il suo parere mi era concesso di uscire a passeggio. A una certa ora (10 o 11) scopro il Yamen e voglio vedere il Prefetto. Non c’è. Nuovo concorso di oziosi, compreso il Commissario con i suoi adepti. Dopo un po’ di resistenza, devo tornare insoddisfatto. Per correre ai ripari si mette una sentinella alla porta. Nel pomeriggio passeggio in campagna. 

Lunedì 18 Aprile 1949

Dopo colazione, per il SHA-HO, vado fino al fiume. I giannizzeri vogliono tornare per la loro colazione. Sentendo un po’ di resistenza da parte mia, imbastiscono un embrione di dimostrazione che io faccio abortire mangiando pacificamente delle noci. Nel pomeriggio prevengo un altro tentativo simile facendolo cascare nel ridicolo. Sono costretti a rincorrermi su per una collina (ad est della città) e quando giungono tutti trafelati, li placo mettendomi a cantare. Pace completa; sono dei pigroni e vorrebbero limitarmi anche il passeggio. 

Martedì 19 Aprile 1949

Soffia forte il sipei; vorrei salire sui monti ma mi fermo al fiume. Il giannizzero numero 3 mi persuade a salire sulla collina, dove una volta c’era la pagoda. Non restano più che una lapide e qualche albero; in vetta: trincee e muri a secco. Nel pomeriggio andiamo a spasso al TUNG-KWAN e, senza saperlo, mi fermo un po’ nel cortile dello sciancato. Sto contemplando lo spiazzo della nostra residenza distrutta, quando lui esce di casa. È velenoso, ma io, bel bello, me ne faccio beffe. Minaccia di legarmi e vorrebbe fare sul serio. Chiama uno dei suoi sottoposti in aiuto ed allora capisco che è meglio che me ne vada.

Scendo piano piano la scarpata ed indicando con l'indice il terreno gli dico: “Questo è mio e mio resta!” - Lui trangugia amaro, ma è costretto ad assentire. 

Giovedì 21 Aprile 1949

Nella mattinata faccio due tentativi per vedere il Commissario e sapere cosa decidono. Non c’è. È assente da più giorni. Si trova sulla via di YI-HSIEN, per indagare sul mio passaggio (?) e per preparare l’opposizione obbligata al mio ritorno (?). - Chiedo anche la refusione delle spese di vitto, ma per i cinesi questo è un sogno. Durante il passeggio del pomeriggio i giannizzeri mi impediscono di pregare. 

Venerdì 22 Aprile 1949

Nel mattino passeggiata sui monti a sud. Nel pomeriggio torna il pro-Commissario Kuo e vengo a sapere che il vero Commissario e il Prefetto sono a Pechino per una conferenza. Non sono tornati per il tempo previsto (18). Bisogna aspettare. Io voglio invece partire. Abbiamo un lungo dibattito; non sanno cosa rispondermi. 

Sabato 23 Aprile 1949

Dopo Messa scopro il furto di una immaginetta sacra e poi quello della penna stilografica. Vado in Questura e non sono ricevuto nonostante le mie proteste. La ragazzaglia armata vuole sapere di che cosa si tratta e poi, soddisfatta la curiosità, se ne disinteressa affatto. Indizio fortemente due dei miei giannizzeri, unici a sapere della mia penna e dove la tenevo. Nei giorni scorsi me l’avevano chiesta più volte. Durante il giorno torno altre due volte. Non c’è mai nessuno; mi rimandano con male parole. Solo un segretario fece finta di interessarsi e venne a vedere. 

Domenica 24 Aprile 1949

Il giannizzero più indiziato come ladro non si fa più vedere.