Mercoledì 9 febbraio 1949

Nonostante molte affermazioni e pareri avversi partivo anch’io tutto solo, con la mia valigia-altarino e la trapunta avvolta in un telo da campo. Alla stazione nessuno mi interrogò, nessuno mi disse niente. Nevicava e nonostante qualche schiarita la giornata era cupa.

A 60 Km da Pechino il treno si arrestò non potendo più procedere per i guasti alla linea ferroviaria. Per arrivare a YI-HSIEN mi trovavo a metà strada, ma per arrivare ai bordi orientali della Missione mancavano solo 25 Km.

Non conoscendo la strada feci qualche assaggio per noleggiare un qualche carro per me solo, ma poi finii per unirmi ad alcuni mercanti che andavano ad YI-HSIEN ed avevano noleggiato un asinello per il trasporto delle loro ceste e della loro merce. Con uno di loro che aveva la bicicletta partii in avanguardia, ma ci fu poco da filare. La sabbia ben presto ci obbligò a scendere e la poca neve già caduta raddoppiava per noi la fatica di quella dura marcia. Fioccava sempre. Continuammo così per 6 o 7 Km e intanto s’era fatto sera, essendo le giornate tanto corte e il tempo così inclemente. Mi ero levata la pelliccia interna, tenendo solo il giubbone di pelle. In una delle tante fermate che facemmo per non allontanarci troppo, entrai in una

pagoda per indossare i miei abiti e notai che nella casa annessa qualcuno doveva abitare.

Interrogai una ragazzina di 13 o 14 anni che s’era affacciata sulla strada:

- “Chi ci abita qui?”

- “Non so.”

- “Come si chiama questo paese?”

- “Non so.”

Come mi parvero dure e tristi quelle parole “Non so. Non so”... I cinesi sono sempre stati diffidenti verso gli stranieri, ma i nuovi padroni hanno fatto della diffidenza uno strettissimo comando. La presenza del cinese che viaggiava con me non bastava a vincere la paura della fanciulla e quella boccuccia non voleva aprirsi. Quelle brevi, tronche parole risuonarono al mio orecchio come un cupo suono di catene. Volli insistere, ma poi vedendo quel visino oscurarsi sempre più non ne ebbi il coraggio. Capii subito che quella era la legge in quel posto dove stavo mettendo piede.

A notte ci fermammo in un paesuccio ER-SHELY-PU dove potei trovate un piccolo albergo. L'asinello era rimasto assai indietro e per uscire dalla zona sabbiosa, aveva dovuto essere sospinto e quasi portato con tutto il suo carretto. Io ero molle di sudore e solo in qualche modo potei cambiarmi i panni, avendo portato con me meno dello stretto necessario.

 

Giovedì 10 Febbraio 1949

Avendo calcolato che mi trovavo a soli tre o quattro Km da un paese di vecchi cristiani, abbandono il carretto e compagni di viaggio e faccio trasportare a spalle il mio piccolo bagaglio. Alle ore 8.30 assolutamente inaspettato ed impensabile, arrivo al paese WU-KO-CHWANG e vengo subito condotto alla chiesa. I cristiani mi fanno gran festa e sentendo che voglio celebrare si passano la voce e subito la chiesetta si riempie di quanti possono venire per ascoltare la Santa Messa. Sono un piccolo gruppo, ma da parte dei pagani godono di stima e rispetto, e quindi le cose si fanno con mutua soddisfazione e consolazione, mia e loro. Da circa due anni non vedevano più il sacerdote e vedendomi fra loro i più vecchi piangevano di gioia.

Berlicchet però non volle risparmiarmi la sua accoglienza, fatta in tutt’altro modo. Avevo appena celebrato quando un gramo cristiano (gramo per molti versi tanto da essere inviso ai cristiani e ai pagani e perfino ai nuovi padroni, alla cui macchina amministrativa è in qualche modo aggregato) venne a trovarmi. I cristiani me lo presentarono brevemente, ma io non sapevo di chi si trattasse.

Erano le nove del mattino e l'uomo era già brillo. Lo confessò apertamente da sé e si accusò anche di altre colpe, ma non per il proposito di correggersene: per vanteria, per ipocrisia, come usano questi signori. Usando il gergo comunista, mi fece capire abbastanza che non c’era niente da fare né da sperare.

Lo impiantai ben presto e con una scusa mi ritirai in un’altra stanza. Vistosi solo, cominciò ad inveire contro i cristiani (si trovava in casa di suo fratello) e poi menò anche le mani contro un suo nipote. Uscito sulla strada si mise a gridare contro la Chiesa ogni sorta di insulti e di minacce, e non contento di questo, partì subito per un paese vicino - HENG-KI - dove c’era la residenza del Commissario del distretto, per portare la notizia del mio arrivo alle autorità. I1 capo paese e il segretario politico erano già avvertiti della mia presenza, ma ciò non bastava più dopo le strida di quel forsennato. Fummo subito convocati alla sede del distretto - KIU - con un biglietto poco gentile e rispettoso, mandato per mezzo di due guardie armate di fucile. Si volle sapere chi fossi e perché ero venuto e si concluse che si doveva ricorrere alla Prefettura di CHUO-CHOW. Non mi lasciai affatto intimidire e feci subito notare la poca correttezza e i termini sconvenienti con cui ero stato convocato. Strinsero i denti ma dovettero ammettere il loro torto. Il misero cristiano era là presente ma nessuno badò a lui ed egli non aprì bocca. I1 Commissario ammise che forse una breve visita ai cristiani (io non chiedevo di più) mi poteva essere concessa, ma che in seguito si sarebbe pensato altrimenti. In Cina ci sono troppe religioni e ciò è contrario all'unità nazionale a cui il Partito tende con tutte le sue forze.

Era un parlare ben chiaro e non occorrevano certo gli occhi di Argo per leggere attraverso il velo. Mentre discutevamo di questo, un impiegato andava avanti e indietro per la stanza con aria di grande importanza leggendo un certo libro. A volte lo metteva sotto l'ascella, a volte lo stringeva fra le mani. L'avevo subito notato e avrei voluto guardarlo riconoscendolo dalla forma esterna per uno dei nostri libri occidentali, ma l'uomo seguitava a camminare impettito. Quando la perorazione del Commissario gli parve giunta a buon punto, venne da se stesso a mettermelo sotto gli occhi dicendo: “Non è questo uno dei libri delle vostre preghiere?” e nel tono della voce era manifesta l'intenzione di oppormelo come corpo del reato. Guardai e mi misi a ridere: si trattava di una grammatica latina rubata in qualche seminario minore. Se fossero un po' intelligenti avrebbero dovuto capire da sé leggendo la parte cinese, ma è un fatto certo che anche di caratteri cinesi ne conoscono ben pochi.