Venerdì 11 Febbraio 1949
Come siamo rimasti intesi con il Commissario, il capo dei cristiani parte per CHU-CHOW (25 Km) per andare a chiedere il permesso della Questura. Intanto io confesso i cristiani, supplisco le cerimonie del battesimo per un bambino nato e battezzato l'anno scorso, ed amministro anche una estrema unzione. La sera il priore dei cristiani non torna. Pensiamo che abbia fatto tardi, ma però non siamo del tutto tranquilli.
Sabato 12 Febbraio 1949
Benedico le case dei cristiani e mi dispongo a partire: non vorrei perdere tempo. Intanto però CHAO-SHENG non s'è ancora fatto vedere, ed avendo egli preso la mia bicicletta, io mi avvio a piedi verso LAI-SHUI PING-SHANG dove si trovano alcune suore e devo consegnare una lettera. Quando ai miei occhi apparve la sagoma della terra di LAI-SHUI, un’onda di ricordi mi salì dal cuore alla gola: dieci anni di lontananza avevano annebbiata la mia memoria e l'immagine di quei luoghi già noti. La guerra ha operato anche qui devastazioni profonde ma in quella terra è un simbolo, ed io adesso mi sento proprio ritornato in Missione. Attraversai la cittadina (ormai senza mura) senza parlare con nessuno, senza domandare indicazioni: temevo di compromettermi e trovare qualche inciampo al mio andare. La neve s'era messa a cadere a larghe falde. All’uscita dalla porta sud un poliziotto mi affrontò franco e sicuro: “Tu sei un prete cattolico? Sei tornato?” - “Sì!” - Vecchia conoscenza - pensai; ché una volta ce n’era uno cristiano, ma chi sa mai dove sarà ora. Perché il discorso non prendesse una brutta piega e non si tramutasse in interrogatorio, feci anch’io la mia domanda: “La strada per PING-SHANG?” - “Passato il ponte, prendi a destra: tre chilometri".
Ci lasciammo immediatamente, senza altre parole. perché la neve ci cacciava. Io me ne andai tutto solo, nella foschia baluginante con il cuore che mi trepidava.
Domenica 13 Febbraio 1949
I cristiani di PING-SHANG furono contentissimi d’avere la santa Messa in giorno di festa; avrebbero voluto che mi fermassi, ma la mia posizione era incerta ed io dovevo subito tornare a WU-KO-CHWANG per sapere la risposta di CHUO-CHOW. Strada facendo potei amministrare un’estrema unzione a SITZU ad una vecchietta più che ottantenne.
Chao Sheng era tornato poco dopo la mia partenza ed aveva portato il permesso della Questura che non aveva trovato nulla da obiettare. Lo stile comunista però non è così semplice come può sembrare a prima vista. Mentre da una parte mi era stato concesso il permesso dall'altra mi veniva subito tolto. La sera di sabato Chao, dopo essere stato dal Capo-Distretto, se n'era tornato tutto contento a casa, quando un messaggero giunse da parte del Prefetto intimando al Kjuchang di avviarci ambedue a CHUO-CHOW dove la mia domanda doveva essere riesaminata dal Prefetto in persona. Il Kjuchang ci convocò presso di sé per la mattina seguente, domenica, ma essendo io assente non potei subito comparire. Allora egli mandò degli uomini armati per prelevarmi, essendo fortemente infastidito della mia mancata comparsa, che egli attribuiva a disobbedienza e disprezzo. Come punizione e per ostentazione di zelo voleva che partissimo subito in serata (io ero arrivato a WUKO-CHWANG alle 15, ed ormai erano le 17) ma io dissi: “No, oggi ho già fatto una dozzina di chilometri a piedi, altrettanti ne ho percorsi ieri, due chilometri ci sono da WU-KO-CHWANG a qui (HENG-KI) mi sento stanco ed anche affamato.
Se avete la macchina sono disposto ad andare anche subito, senza l’automobile non mi muovo andremo domani”. Chao Sheng cercò di rinforzare nel migliore dei modi le mie ragioni, la sua stanchezza e un po' d’indisposizione.
L’uomo parve calmarsi ed arrendersi; soprattutto quella mia richiesta dell'automobile gli riuscì impensata ed imbarazzante. Si convenne che saremmo partiti l’indomani mattina. Le più contente furono le guardie che avrebbero dovuto accompagnarci con le baionette innestate. Quel viaggio notturno attraverso la zona sabbiosa non poteva piacere proprio a nessuno.
Accennerò appena all’ansia di tutti i cristiani. Prima, non vedendomi arrivare da LAI-SHUI mentre le guardie giravano per i cortili si erano messi in grande ambascia: poi vedendomi partire per HENG-KI s’erano detti: “Il Padre va a finire in prigione e non torna più”. I nuovi padroni non permettevano loro di aspettarsi niente di meno; tant’è vero che prima di partire Chao Sheng mi si inginocchiò dinanzi tutto commosso quasi piangendo a chiedermi la benedizione.
Quando invece mi videro tornare lento lento e tutto sereno “Hu cià” (come dire ‘zac’) i loro animi si allentarono come di scatto da quella penosa apprensione. Chao Sheng non era tornato con me: era stato fermato per altri affari, ma prima di notte era di ritorno anche lui in famiglia.
Lunedì 14 Febbraio 1949
Senza accompagnamento di guardie ce ne andiamo a CHU-CHOW e ci portiamo direttamente in Questura. Loro non sanno niente ed anzi si meravigliano. Intanto però ho occasione di conoscere i vari Kampurti (Capo-Sezione), che mi si presentano e m’intervistano. Avevano fatto un gruppo fotografico e ne domandai loro una copia, ma non me la vollero cedere essendo la prima che avevano ricevuto. Quando passammo dal Prefetto, il suo segretario ci respinse dapprima in molto malo modo, ma dopo un po’ si decise a farci passare. Il Prefetto cercò di essere affabile e mellifluo il più possibile. senza mancare di avanzare nello stesso tempo non poche riserve. Come ad ospite straniero non mi si poteva negare il diritto di visitare i miei vecchi amici e conoscenti specialmente dopo tanti anni che non li vedevo.
Avrei dovuto però guardarmi dall'immischiarmi di politica (e qui accennò ad un certo Patto avvenuto a SIEN-HAIEN dove dei cristiani cinesi avrebbero fatto dello spionaggio a favore dei nazionalisti) ed anche dal fare una vera e propria propaganda religiosa. Mi domandò a questo proposito se avessi portato con me qualche domestico o segretario. Io diedi le più ampie assicurazioni dichiarando che era mia intenzione visitare rapidamente tutti i paesi per poi ritornarmene a Pechino entro il termine massimo di due mesi e mezzo di tempo.
L'intervista durò quasi due ore, al termine di essa ci dichiarò che avrebbe consultato per telefono le autorità superiori e intanto ci diede un lungo modulo da riempire. Vi saranno state una quarantina di domande a cui si doveva rispondere: generalità, professione, provenienza, scopo, mezzi, relazioni, eccetera eccetera. Questi signori non sono mai informati “semper discentes nunquam autem adversam scientiam pervenientes” fummo costretti a pernottare a CHU-CHOW. Vi è una bella chiesa, ma da loro è stata trasformata in sala di adunanza. Con ipocrita ed ostentato zelo non permettono ai giovani che vanno ad udire le loro conferenze (e per essere più esatti, secondo il loro gergo, meglio è chiamarle istruzioni) di toccare assolutamente nulla. Tuttavia ogni angolo è coperto di sudiciume e la cattedra della verità è trasformata in cattedra di menzogna.
In città risiede un solo sacerdote cinese e quel giorno era assente. Vive ritirato in una casa privata dove esercita quel poco ministero che gli è permesso. Ha con sé la vecchia mamma paralitica, ed io per l’indomani lo supplii nella celebrazione della santa Messa e nell’amministrazione dei Sacramenti.