LA GIOIA 

2082    Per questo il volto di s. Zeno era sempre ilare, la fronte sempre serena, il suo sguardo tranquillo, le labbra sorridenti, dolce nel parlare, piacevole e composto nell’aspetto, sempre sereno e modesto, tanto da esser amato e suscitare venerazione.

La carità infatti come è lieta nei momenti positivi, così è contenta sempre anche nei momenti di avver­sità.

E questa era propria la sua caratteristica: la gioia, l’allegria!

Essa non è che un segno di buona e devota volontà, e perciò è anche l’ornamento e il fiore dei ogni virtù.

Per questo essa è amata anche da Dio, tanto che senza di essa i nostri doni non gli sono graditi (cf 2 Cor 9,7).

E come è cara a Dio, è cara ad ogni uomo e in modo speciale deve esser stata molto gradita ai Veronesi che se la vedevano rappresentata nel loro S. Zeno.

I Veronesi infatti, possedendo un’indole lieta e simpatica, fanno fatica ad accettare modi troppo diversi dai loro.

I nostri antichi concittadini non potevano trovare la pace e l’allegria nativa negli spettacoli orrendi e cruenti del paganesimo e neppure nei vizi vergognosi e brutali.

Per cui quando videro in S. Zeno realizzarsi questa loro natura quasi in modo portentoso si sono sentiti conquistati, affascinati e vicini a lui per apprenderla e conseguirla.

 

2083    Ma come ha potuto esser così allegro in mezzo a coloro che lo odiavano, tanto da trasformare l’odio in amore e amicizia?

Come scrisse S. Zeno in modo acuto circa Daniele (6,3-37): “Pranza in mezzo ai leoni colui che, fuori dai pericoli, era abituato a digiunare”.

Doveva esser proprio realizzato e ordinato quell’animo dove la gioia era così piena, la tranquillità così costante, la pace tanto ridente e lieta.

E come non doveva gioire colui che aveva il suo Dio così vicino.

La gioia di S. Zeno era una fonte che rendeva perennemente fresca, viva e fiorente ogni stagione della sua vita.

Egli era accompagnato da moderazione e soavità e rendeva contenti anche gli altri quando lo vedevano.

 

2084    Forse che quest’uomo non doveva mai esser afflitto? Eccome.

Non doveva essere angustiato? Sì, spesso.

Non veniva calunniato? Molto spesso.

Ma tutto questo era una cosa esterna a lui: dentro era nutrito da una manna segreta che nessuno conosce se non colui che la riceve.

La dolcezza che il Signore dona al suo servo, che lo teme e si fida di lui, è nascosta agli uomini materiali, ma si svela ai loro occhi dall’effetto che questa dolcezza ha in lui, fino a generare una maggio­re ammirazione.

E come attinge la dolcezza divina mentre si trova nelle tribolazioni?

Nell’amore e nella contemplazione è rapito in Dio e in lui trova il suo rifugio. Perché coloro che sanno na­scondersi in Dio, sono indifferenti a tutte le tribolazioni, come se queste non le riguardassero e quelli che hanno il loro Dio per testimone non si curano delle chiacchiere degli uomini.

 

2085    È per questo che la serenità del volto di S. Zeno toccava tanto i cuori.

“Con la mansuetudine e con il buon umore convertiva i seguaci degli idoli al Signore Gesù Cristo”, per cui egli era “freccia scelta” che si notava per la sua efficacia, anche se l’origine di essa rimaneva nascosta.

E l’efficacia di questa freccia la si riconosceva dal gran numero di pagani di ogni età, sesso, condizione, e perfino di nazionalità diverse, che ogni anno nelle feste pasquali si facevano battezzare da S. Zeno, tanto che tutta la città fu battezzata da lui.

Per questo si può dire che egli fu anche il primo a introdurre apertamente nella città quella fede che prima era vissuta da pochi e in modo quasi nascosto nelle case private e nei sobborghi.