TESTO
“Ecco, oggi stesso ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per edificare e piantare” (Ger 1, 10).
Introduzione
2062 In questa festa tanto solenne per il fortunato ritrovamento e l’autentica ricognizione del corpo del vescovo e martire S. Zeno, in questa stessa basilica, dove egli riposa da tanti secoli, addobbata magnificamente, illuminata da tante fiaccole, vestita come una sposa nel giorno che incontra lo sposo che temeva fosse smarrito ed egli le torna vicino sfolgorante della gloria e dei segni del suo trionfo; in tanta partecipazione di popolo che riconosce a questo santo la sua fede la sua salvezza, dovendo, cari fedeli e concittadini, tessere un ricordo ad una figura così grande e ad un protettore così generoso, da una parte mi spaventa la difficoltà, ben ardua in verità a chi fosse ricco di ingegno e ricco di eloquenza, dall’altra sono rassicurato conoscendo la finalità e le ragioni della vostra richiesta.
Se la gratitudine si mostra nel modo affettuoso della lode, è ben giusto e doveroso che i figli confessino con la loro voce i meriti di questo glorioso Padre e che con la loro voce mostrino l’affetto devoto in modo solenne e pubblico.
2063 Proprio perché vogliamo che ognuno partecipi, dal momento che questa folla raduna persone di ogni classe e provenienza, nell’unica lode al Padre, sono accette le lodi di ognuno. Dal primo all’ultimo.
E neppure io posso esimermi, per umiltà, dall’impegno che mi avete affidato. In voi infatti onoro la mia origine, alla quale devo ogni cosa, ogni conoscenza della dottrina, qualunque essa sia, ogni capacità di parlare.
Come mi sono adoperato per tutta la vita con i miei discorsi di comunicarvi il frutto delle mie limitate conoscenze, esortandovi ad agire bene e in modo perfetto, secondo il servizio al quale Dio stesso mi ha chiamato, allo stesso modo sono felice di terminare la mia “carriera” servendo e compiacendo voi in questo affetto così santo e tessendo le lodi del nostro Santo.
prima parte
vittoria sul paganesimo
“... per sradicare e demolire”
2064 E non temo la mia incapacità, dal momento che mi avete dato anche un suggerimento del tema di questa lode. Non siete voi infatti che chiamate il vostro Santo “Padre della Chiesa veronese”? Quale titolo potrebbe essere più giusto, più bello, più grande di questo, di aver edificato e piantato, con la grazia di Dio, questa Chiesa così illustre?
“Ecco, oggi stesso ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per edificare e piantare”.
Circa questo argomento S. Zeno con le sue sole virtù e opere, conosciute e vedute da tutti, fornisce abbondante materiale, tanto che non c’è da temere che possano mancare a qualcuno argomenti per parlare, anche quando gli oratori siano molti e capaci; bisogna piuttosto avere l’attenzione di circoscrivere e contenere il proprio discorso.
E se le sue imprese superano ogni elogio da risultare inadeguate ad esprimerle sia la capacità naturale che artistica, allora cresce ancor più la sua gloria.
2065 Ma non vorrei che si pensasse che questa lode a S. Zeno sia eccessiva; segno, sì, della vostra devozione, ma non conseguenza esatta dai suoi meriti dal momento che altri vescovi, e più di uno, hanno predicato la fede a Verona. A dimostrare assolutamente vera e fondata la vostra devozione è proprio l’intelligenza chiarissima e acutissima di S. Zeno che mi fornisce persino le espressioni più adatte.
Egli dunque dice: “Se non è vinto prima il nemico che ci combatte, non sarà mai libero, né sicuro, il possesso del nostro fondo” (1.II.2.1)
2066 Ora io aggiungo: è vero che Santo Euprepio in seguito alla sua predicazione aveva diffuso tra noi la fede e i sei vescovi che gli successero l’avevano coltivata, sostenuta e difesa. Noi infatti li veneriamo tutti per la santità e siamo loro grati per i loro benefici. Ma erano presenti, ciò nonostante, grandi e forti nemici che contrastavano e impedivano l’opera di quei bravi operai. S. Zeno, invece, se non è stato il primo a predicare la fede in Verona, a coltivarla e a difenderla, certamente fu il primo a sgombrare questo suolo dai nemici che la combattevano. Inoltre non ha solamente saputo possedere con sicurezza il suo fondo, ma vi ha edificato in modo stabile ed ha saputo portarlo a rendere frutti centuplicati di onestà e gloria con una coltivazione diligente e infine ha saputo trasmettere ai suoi successori il diritto sicuro e chiaro, e tranquillo e pacifico il possedimento del patrimonio ricco e celeste da lui fondato.
“Ecco, oggi stesso ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per edificare e piantare”.
2067 Come trovò la nostra Chiesa quando venne a governarla? Nelle condizioni in cui poteva trovarsi ai tempi dei pagani, nel colmo della persecuzione. Come un piccolo orticello segreto e appartato, collocato in un vasto possedimento, occupato da stranieri prepotenti e da vicini insidiosi. Un orticello che il contadino lavora fedelmente, ma quasi di nascosto, senza potervi costruire un muro o una siepe di confine. Il contadino stesso non può mostrarsi senza suscitare sospetti e timori, di cui il posto è pieno. Il vicino, infatti, tanto rapace e geloso, sta in agguato con cento occhi; entra quando vuole per calpestare o derubare o guastare a suo piacimento se vede un germoglio o i frutti della assidua coltivazione.
2068 E non è che ci fossero leggi atte a salvare i diritti divini della Chiesa nascente. Non vi era autorità che punisse o frenasse le ingiurie. Anzi le leggi della nazione, sostenute dall’opinione pubblica, erano tese a distruggere ogni segno dell’opinione cristiana. Le più grandi autorità e gli stessi sommi imperatori erano tutti solleciti nel fare eseguire queste leggi e cercavano ogni modo per far scomparire la fede.
D’altro canto non mancavano loro né le forze, perché tutto il mondo allora dipendeva da un uomo solo; neppure si può dire che fossero poco riflettuti e studiati i consigli che l’astuzia dei filosofi somministrava con perfezione e sottigliezza. Da ultimo non mancava la perfidia ostinata anche quando l’intuizione prodotta dal ragionamento e le prove di fatto erano evidenti e conclamate, tale perfidia ad ogni patto favoriva l’empietà del cuore. E la politica stessa stizzita per le perdite avute e la vergogna, aizzava l’odio con gran forza e cercava la vendetta.
2069 Inoltre alla ragion di stato si sommavano le passioni particolari, l’interesse dei persecutori, l’odio dei popoli stessi, i cui costumi erano incivili e la superstizione primitiva, a confronto con la vita immacolata e la fede pura dei cristiani.
E anziché venir frenati, i tumulti popolari venivano fomentati e si facevano stragi di cristiani e sofferenze in tutto il mondo. Fra le città e province di quel vasto impero, Verona era allora la prima dopo Roma che superasse le altre nella gara di emulare la grandezza e i fasti della superba capitale, sia nella moltitudine di ingegni, sia nella cura dell’arte, nella magnificenza delle costruzioni, nello squisito gusto di vivere, sia nel praticare ogni empia superstizione. Qui i cittadini erano per lo più idolatri e in modo accentuato, per questo la fede vera e umile di Cristo vi trovava molti impedimenti ed un fiero contrasto.
2070 In questi tempi di paura arrivò improvvisamente a Verona S. Zeno, come un altro Melchisedek, re di pace e sacerdote di Dio altissimo, del quale la storia non conosce né i genitori, né la genealogia. Oppure egli si può paragonare ad Abramo, padre di coloro che credono, il quale venne separato da Dio dalla sua terra e dalla sua parentela, per essere condotto, pellegrinando, a formarsi una nuova stirpe e per possedere perpetuamente quella terra che Dio gli avrebbe mostrato. Sennonché Melchisedek è stato incontrato in una città pacifica; Abramo diversamente viene ad acquisire i diritti su una terra che Dio gli promette e che doveva poi trasmettere ai suoi posteri. S. Zeno venne inviato attraverso la Siria, da Cristo stesso, suo valoroso capitano, a vincere sui pagani che dominavano, e a fondarvi questa Chiesa di Verona e a tramandarne il possedimento ai suoi successori in perpetuo.
“Ecco, oggi stesso ti stabilisco sopra le nazioni e sopra i regni per sradicare e demolire, per abbattere e distruggere, per edificare e piantare”.