Relazioni con il vescovo di Verona
mons. Andrea Pangrazio
Mons. Girolamo Cardinale, esattamente un anno prima della morte, ebbe la grazia e la gioia di inaugurare il Tempio Votivo, sul piazzale di Porta Nuova. Fu una profonda soddisfazione per lui che vedeva adempiuto il suo voto. Contenti pure p. Fantozzi e noi Stimmatini, perché veniva a cessare la moratoria richiesta dal Vescovo per iniziare la costruzione del Santuario della Madonna di Lourdes.
Frattanto, a causa delle condizioni sempre più precarie di salute, la Santa Sede nominò Coadiutore del vescovo di Verona mons. Andrea Pangrazio, il quale entrò in diocesi il 31 ottobre 1953.
Mons. Pangrazio non era per nulla prevenuto verso gli Stimmatini, anzi nel tempo che rimase a Verona, ed anche dopo, dimostrò stima e simpatia per il nostro Istituto. Andava volentieri a celebrare presso di loro in diverse occasioni e si fermava pure per i pasti, specialmente alle Stimate, dove si sentiva a suo agio. Nelle cronache del Bertoniano sono registrate parecchie delle sue visite a nostre comunità. Ne riporto qualcuna: dicembre 1953, alle Stimate: «Celebra la s. Messa per i convittori». L’11 febbraio 1954, è alle Stimate per la festa della Madonna di Lourdes. Sezano, 21 febbraio 1954: «Mons. Pangrazio, nuovo vescovo Coadiutore di Verona, ci onora di una sua visita, durante la quale si intrattiene a lungo e molto affabilmente con i padri e gli studenti». S. Leonardo, 23 maggio 1955: «Monsignor Pangrazio, Amministratore Apostolico di Verona, conferisce nella nostra cappella la Tonsura ad alcuni dei nostri chierici brasiliani e si intrattiene con noi a cena».
Un giorno – potrebbe essere agli inizi del 1954 – Monsignor Albrigi, appena rientrato a casa dalla Curia vescovile, mi chiama e mi riferisce che mons. Pangrazio gli aveva mostrato una lettera che proveniva da Roma, precisamente dalla Segreteria di Stato. In essa si richiedevano al Vescovo dei chiarimenti e il suo parere circa una iniziativa promossa dagli Stimmatini, di costruire una chiesa-santuario dedicato alla Madonna Assunta, sul colle s. Leonardo. Mons. Pangrazio era visibilmente indispettito perché non sapeva nulla dell’iniziativa, in Curia vescovile non era stato rinvenuto alcun documento presentato o rilasciato dall’autorità ecclesiastica, né i parroci vicini, né i canonici sapevano alcunché della cosa. Riteneva tutto questo una mancanza di riguardo all’autorità ecclesiastica e contro le norme del Diritto. Comunque egli avrebbe comunicato alla Segreteria di Stato la propria estraneità ed anche la contrarietà per l’iniziativa.
Mons. Albrigi cercò di spiegare che si trattava certamente del Santuario della Madonna di Lourdes e non dell’Assunta, e che neppure lui, sebbene Vicario, aveva visto alcun documento in merito in Curia, ma che mons. Cardinale era al corrente di tutto.
Mons. Albrigi concludeva consigliando a noi di chiedere un’udienza al Coadiutore e di chiarire con lui tutta la faccenda, senza accennare alla lettera della Segreteria di Stato, essendo cosa riservata.
Riferii tutto al Provinciale, p. Battisti.
Ci mettemmo subito in contatto con p. Di Giusto, a Roma, per conoscere il perché dell’intervento della Segreteria di Stato e il motivo del mutamento del titolo del Santuario. Egli spiegò la cosa affermando di aver chiesto l’intervento di un funzionario della Segreteria di Stato perché sollecitasse la pratica per il finanziamento del Santuario. Il prelato a cui si rivolse suggerì di mutare il titolo, perché riteneva che fosse più attuale e importante onorare Maria nel mistero della sua Assunzione piuttosto che commemorare una semplice sua apparizione a Lourdes. Come si vede, ragionamento ineccepibile, ma decisamente fuori contesto.
Venne dato ordine di sospendere subito ogni intervento, e di bandire ogni velleità di cambiamento.
Mons. Pangrazio concesse l’udienza richiesta. All’appuntamento ci presentammo il Provinciale ed io, che mi premurai di portare i documenti utili al caso. P. Battisti cominciò a parlare della storia del Santuario: la sua distruzione, l’iter dei lavori per ricostruirlo, la scelta del colle s. Leonardo, il prossimo avvio dei lavori e quindi invitò il Coadiutore per la posa della prima pietra, dato che mons. Cardinale non ne era più in grado.
Il Vescovo ascoltava visibilmente contrariato. Poi cominciò a parlare e disse che egli non sapeva nulla, che non esisteva alcuna autorizzazione scritta nell’archivio vescovile. Allora estrassi dalla cartella una copia fotografica del documento firmato da monsignor Cardinale, copia che p. Battisti consegnò a monsignor Pangrazio, dicendo che la poteva trattenere per l’archivio. Egli la guardò e la lesse attentamente. Rimase stupito e chiese: «Ma chi l’ha fatta? Perché non esiste copia nel nostro archivio? Perché non c’è la controfirma del Cancelliere?».
P. Battisti rispose che anche lui era meravigliato della cosa, ma che tutto era stato fatto da p. Fantozzi, secondo i consigli e le direttive del Soprintendente prof. Gazzola e dell’ing. Loredan, nomi autorevoli, a lui ben noti.
Allora io, che non avevo ancora parlato, estrassi il foglio che conteneva i nomi dei membri della Commissione per la costruzione del Santuario, e glieli lessi. Erano nomi che coinvolgevano la Prefettura, il Comune, le banche, l’ente del turismo e gli altri nomi erano di esimi professionisti. «Come vede, Eccellenza, è tutta la città che desidera ed attende questa realizzazione. Spesso ci sentiamo chiedere: quando incominciate?».
Alla fine mons. Pangrazio, che di solito era molto sicuro, parve spaesato. «Devo far vedere al Vicario generale questo documento, devo sentire il parere del Capitolo dei Canonici». Della lettera della Segreteria di Stato neppure una parola.
Quando fummo giunti alla conclusione, p. Battisti gli chiese: «E allora, Eccellenza, potremo contare sulla sua presenza per la posa della prima pietra?». Rispose: «Vedremo, vedremo, per ora non posso dire niente».
Uscimmo dall’udienza più sereni, ringraziando la Vergine Immacolata che, quando vuole, può appianare tutto.
Poco tempo dopo moriva mons. Girolamo Cardinale (26 dicembre 1954). Mons. Pangrazio, Coadiutore e poi anche Amministratore Apostolico della diocesi di Verona, inaspettatamente venne nominato vescovo di Livorno.
Una chiacchiera – non so se per celia o per davvero – si sparse in quei giorni in certi ambienti: «Sono stati gli Stimmatini a far mandare via da Verona monsignor Pangrazio!».
La cronaca della comunità Stimate, al giorno 11 febbraio 1955, scrive: «Buon concorso di fedeli alla novena della Madonna di Lourdes e alla festa, cui sono intervenuti anche mons. Pangrazio e la direzione dell’Unitalsi veneta». E «il giorno 30 maggio pranza con noi monsignor Pangrazio prima della sua partenza per Livorno dove è stato trasferito come vescovo Coadiutore. Il 19 giugno diamo il benvenuto al nuovo vescovo di Verona mons. Giovanni Urbani». (Bert. 1955, p. 103).
Relazioni con il vescovo Mons. Giovanni Urbani
Mons. Giovanni Urbani, veneziano, fu vescovo di Verona dal 19 giugno 1955 al novembre 1958 quando, promosso alla sede patriarcale di Venezia, successe al card. Giuseppe Roncalli, eletto papa con il nome di Giovanni XXIII.
Cordiale, gentile, signorile nel tratto, ebbe ottime relazioni con tutti. Egli venne di frequente alle Stimate e a san Leonardo, per motivi diversi, connessi al suo ministero pastorale. Ammirava il complesso della Scuola Apostolica di san Leonardo e ne lodava la posizione; mentre gli ricordava pure il problema medesimo che egli aveva per la diocesi, esattamente in quegli anni.
Vide pure il colle san Leonardo, che attendeva il sorgere del Santuario della Madonna. Tuttavia ufficialmente non parlammo mai a lui di questo argomento. Dopo il colloquio avuto con mons. Pangrazio, p. Battisti diceva: «Quieta non movère! Noi andiamo avanti tranquilli come siamo sempre andati. Se il Vescovo avrà delle difficoltà ce le farà conoscere. Ci presenteremo solo per invitarlo alla posa della prima pietra, quando sarà giunto il momento».
Non ricordo quando fu esattamente questo "momento". È probabile all’inizio della primavera del 1958. Chiedemmo un’udienza e ci presentammo p. Battisti ed io, che portavo nella cartella i soliti documenti, nel caso venissero utili. Il Vescovo ci accolse gentilmente – del resto ci conosceva di persona – ascoltò p. Battisti che gli illustrava la situazione e lo invitava formalmente a benedire la prima pietra, in data da destinarsi, dato che ora tutto era pronto e che lo Stato aveva finalmente concesso il finanziamento.
Ascoltò con attenzione, senza alcun segno di sorpresa e disse: «Aspettate che chiamo il Vicario generale, perché è meglio che parliamo anche con lui».
Chiamò il Vicario, che era mons. Giuseppe Lenotti (poi vescovo di Foggia), al quale disse, senza tanti preamboli: «Ci sono qui gli Stimmatini che ci invitano a benedire la prima pietra del Santuario della Madonna di Lourdes, quando sarà possibile farlo?».
Mons. Lenotti, un po’ imbarazzato, rispose: «Eccellenza, ci sono delle difficoltà. La Curia non ha niente di ufficiale e di scritto, i parroci non hanno potuto esprimere il loro parere…».
Il Vescovo non lo lasciò finire e disse: «Ora tutto è superato. I padri non chiedono il permesso di costruire, ma di benedire la prima pietra. Hanno ottenuto l’autorizzazione di mons. Cardinale, hanno l’approvazione dello Stato, della Pontificia Commissione per l’arte sacra, e quindi possono incominciare. Se non sarà il Vescovo di Verona a benedire la prima pietra, essi possono invitare il loro Vescovo di Trento e fare ugualmente la cerimonia. Quindi vediamo di fissare una data possibile e significativa». E prendendo in mano l’agenda: «Ecco il 31 maggio sarebbe una bella data, è possibile?».
Per p. Battisti, per me e per coloro che dovevano predisporre i preparativi, andava bene. Così il Vescovo scrisse nella sua agenda l’impegno per il 31 maggio. Monsignor Lenotti non disse parola.
Ringraziammo, ossequiammo ed uscimmo, con cuore felice e riconoscente.