NEL MAR ROSSO - 15.11.1932
Abbiamo passato Suez di notte e ci troviamo già nel mar Rosso, pieno di ricordi sacri, con le sue sponde aride e deserte. Vedemmo il monte Sinai, e nella mia fantasia lo immaginavo avvolto da dense nubi in un bagliore continuo di fulmini e saette, nel rintrono fragoroso delle trombe angeliche e della onnipotente voce di Dio. Vedevo Mosè scendere dal monte con la faccia splendente come il sole, con i due raggi luminosi in fronte; il popolo ebreo attendato in basso, con la sua meravigliosa attività, e con la sua perfida infedeltà. Ebbi un palpito anche per la terra di Gesù. La immaginavo lontana, lontana. Vidi Gerusalemme col suo tempio d’oro, con le sue feste, nei suoi riti pieni di maestà; vidi entrare il Figliuolo di Dio. Ah! Ma vidi anche il Calvario, le tenebre, il terremoto, la morte di Gesù. E contemplai la magnifica notte di Bethleem, avvolta tutta nell’incanto del mistero divino; la Vergine bella con Giuseppe il giusto, la squallida capanna, e lo sfolgorio delle angeliche ali. Udii la melodia celeste del "Gloria", accolsi in me, abbracciandola, la pace del Bambino Gesù, in un augurio di fraternità divina, che abbracciava tutte le genti, un augurio di pace infinita, nell'amplesso del Cristo venuto, principe di pace e di amore.
Nel pomeriggio sempre cielo e acqua. Una cosa nuova: gran caldo. In cabina non si resiste più; ci intratteniamo sul ponte fino a tarda ora, accanto al nostro grammofono, che non è del tutto inutile, anzi porta una nota bella che solleva, rallegra, occupa.
Il mar Rosso è terribile per il clima; si dice che è un miracolo se non fa caldo; e presentemente siamo d'inverno. Io però non soffro tanto: sono una sardella asciutta asciutta; ma qualche altro... con certe prominenze indiscrete non so come se la passi!