Francesco Lovato (1830 - 1900)

Di Francesco Lovato è documentata la partecipazione ad alcune esposizioni alle Belle Arti di Verona. Nel 1851 fece parte del Corpo accademico dell’Accademia Cignaroli di pittura e scultura.

Nel 1852 nella sala della pinacoteca espose un quadro ad olio raffigurante un angelo che parla ad Agar. L’angelo è ben disegnato e colorato con gusto. L’azione è ben espressa, dipinta con talento e gusto del vero. Alla stessa mostra Francesco Lovato presentò una copia di Cima da Conegliano giudicata però inferiore all’altra opera.

Partecipò alle esposizioni del 1856 - 1859 tenutesi al palazzo Pompei e ricordate dal Biraghi nella Gazzetta di Verona. In quell’occasione propose La Fioraia e La Vergine: due lavori eseguiti con diligenza di segno ma non privi di debolezza nell’uso del colore.

Il suo stile è tradizionale e conservatore: ci ha lasciato anche un ritratto dell’imperatore Francesco Giuseppe (1856).

Il disegno si trova nel libro di Cesare Bresciani - Tre panegirici (1855).

 

 

Il disegno ed il colore possono dar vita ad un volto già morto, quando la memoria e la fantasia si mettono insieme.

Ne risulta il ritratto vivo di un maturo e sereno maestro di alta dottrina. Sembra il ricordo un po’ nostalgico di un attento scolaro: il suo maestro sta seduto in cattedra nell’attimo che precede l’inizio della lezione. Sul tavolo tutti gli strumenti del mestiere; il sorriso di benevolenza e due occhi trasparenti si son già accattivata la simpatia del pubblico.

C’è nell’insieme un piglio giovanile carico di entusiasmo. È il maestro indimenticabile delle Stimate, che amava stare con i suoi giovani studenti.