IL VENERABILE GASPARE BERTONI

1777  -  1853

 

Introduzione

1. - I secoli mutano, ma gli uomini si ripetono. Il 1700 di Europa ha dei singolari punti di rassomiglianza col 1900. Tre grosse guerre di successione dinastica travagliarono gli uomini di allora. La prima fu la guerra di successione di Spagna, che durò dal 1701 al 1714; la seconda fu la guerra di successione di Polonia, che durò dal 1733 al 1738; la terza fu la guerra di successione di Austria, che durò dal 1740 al 1748. Allora i popoli si accapigliavano e si combattevano per i loro re e per le loro dinastie; ed i re, i sovrani, gli imperatori si spartivano i popoli, le terre e i mari quasi che si trattasse di proprietà private.

Adesso non solo i re, ma le stesse dinastie vengono spazzate via, ed i popoli si affrontano in nome delle "sovranità nazionali e democratiche", in nome dei "diritti intangibili dell'autodecisione dei popoli".

Il linguaggio è alquanto mutato (non del tutto), ma la realtà è poi sempre quella: crisi di crescenza e bisogno di espansione; cupidigia di dominio e di ricchezza sono le molle che muovono adesso i popoli, e che li muovevano anche allora, quando pareva che combattessero per motivi molto più ideali.

Tutte le nazioni di Europa; tutti gli Stati grandi e piccoli presero parte allora a quelle tre grandi guerre, ma mentre qui si uccidevano per spartirsi diversamente quel poco che c'era, qualcuno più fortunato poteva rifarsi in Asia, in Africa o in America dei danni patiti.

Questo qualcuno era l'Inghilterra per esempio che, pur avendo subìto pochi danni, per il gran merito di averne inflitti molti agli altri, poteva stabilire i suoi diritti e le sue esclusività in India; poteva appropriarsi Gibilterra e poteva farsi cedere il Canada da parte della Francia.

Sono cose che pressappoco si sono ripetute nell'età nostra con la prima guerra mondiale.

Questi fatti storici accostano singolarmente il 1900 al 1700 nella sua prima metà.

2. - Quello che ci capiterà nella seconda metà del 1900 non lo sappiamo, ma sappiamo assai bene quello che accadde nella seconda metà del 1700.

Dopo la terza guerra di successione il mondo europeo parve quietarsi e ritrovare il suo equilibrio.

L'Austria, posta al centro di Europa, non solo geograficamente, ma anche politicamente, prese a distendere maestosamente le ali della sua aquila, e, più cautamente ma non meno tenacemente, prese a configgerne gli artigli un po' dappertutto.

 

Intanto la Francia si preparava a tutta velocità la grande frana, che avrebbe dovuto ingoiare tutte le strutture, tutte le impalcature del vecchio mondo non più medievale, ma nemmeno moderno, nuovo e contemporaneo quale lo si voleva.

Fu un gran fracasso quello che successe nell'89; un gran cedimento, che dopo aver ingoiato la Francia Monarchica e assolutista, si tramutò in vulcano che avrebbe eruttato le sue lave e i suoi lapilli fino alle piramidi di Egitto, fino nelle pro­fondità della Russia, fino sopra l'isola infida, che da secoli ormai vigilava sul fianco di Europa.

Lo strumento propulsore di tale sommovimento sociale ebbe un nome: Napoleone. La sua fiamma incandescente era data dall'ardore delle armate francesi e non francesi.

La rivoluzione aveva fatto grande sperpero e strazio di vite umane, e come giusto castigo pagava a caro prezzo con le giovani vite dei suoi alfieri. Quelle guerre combattute per 25 anni in ogni angolo di Europa, su tutte le sponde del Mediterraneo, si dovevano concludere con un nulla di fatto: Il vecchio mondo assolutista e reazionario nel 1815 si rinchiudeva sulla rivoluzione e sul suo corifeo, costringendola e spegnendola dentro il suo seno capace.

Per più di due decenni aveva potuto essere combattuto e sopraffatto, ma non si era dato per vinto. Dalle sponde della Beresina aveva avuto inizio la sua ripresa; ed ebbe anch'esso il suo corifeo: il conte di Metternich.

 

 

3. - Come primo atto di rinascita e come affermazione delle proprie volontà il vecchio mondo proclamò la "Santa Alleanza", conclusa tra l'Austria, Russia e Prussia nel Congresso di Vienna del 1815; congresso nel quale fu presidente appunto il conte di Metternich.

Ecco: che la rivoluzione si fosse mostrata empia ed eversiva, non poteva restarne nessun dubbio ragionevole; ma che la nuova Alleanza dovesse ritenersi proprio "Santa ", la storia doveva smentirlo.

I due mondi si opponevano con grande energia e decisione, ma purtroppo ambedue erano affetti da gravissime malattie interne: quello rivoluzionario dalla sua intrinseca empietà, che lo inficiava in ogni campo; quello reazionario era affetto dal suo vacuo formalismo, che lo rendeva inetto al compimento delle sue intenzioni.

La via del compromesso che si sarebbe seguita nella seconda metà del 1800 senza che nessuno dei due mondi avesse a spogliarsi dei propri difetti, doveva portare all'odierno nichilismo, alla odierna polverizzazione, quando l'annientamento della società umana, della stessa natura umana, vengono sbandierati dai partiti più disparati, opposti solo in apparenza, perché tutti affetti (senza volerlo riconoscere e senza dirselo) dagli errori dell'età che li ha preceduti.

 

4. - La reazione, cominciata nel 1815, ebbe campo, modo e tempo di spiegare tutte le sue forze, per un periodo di 35 anni. Sommo regista di tutta la vastissima azione politica, diplomatica e militare fu sempre il Conte di Metternich, assistito e coadiuvato dall'altro conte pure famoso, specialmente fra gli italiani, il Conte di Radetz o generale Radetsky.

Per tutto quel periodo essi furono i veri padroni del Continente, e nessuno poteva, e nemmeno osava, opporsi alla loro volontà.

Alla fine però, anche la loro azione, nonostante tanta ampiezza, potenza e durata, doveva rivelarsi vana. I germi patogeni della rivoluzione diffusi dall'azione napoleonica e ingeriti un po' dappertutto, dovevano causare sussulti rivoluzionari anche in Austria e fino nella stessa Vienna, e così nel 1848 Metternich venne malamente dimesso da quegli stessi che egli aveva voluto servire, ma dai quali s'era fatto per tanto tempo obbedire. Aveva allora 75 anni, e troppo radicato nel suo assolutismo (33 anni di trionfi lo avevano pietrificato sulle sue posizioni) era incapace di comprendere che ormai era giunto il tempo di scendere a patti con la rivoluzione. Tanto lui che il suo consocio ebbero ancora dieci anni di vita, e così dovettero sorbirsi l'amarezza di vedere sfasciarsi e sfaldarsi quel mondo assolutista per cui tanto avevano faticato.

Giunti a questo punto mi si chiederà da più d'uno cosa c'entri tutta questa introduzione con la figura del Bertoni, che si vorrebbe delineare.

Rispondo che, anzitutto, serve di cornice storica, e qualsiasi personaggio storico, qualsiasi quadro figura meglio se viene posto in una giusta cornice. Quanto sopra ho ricordato serve al lettore frettoloso per ambientare la sua mente. Sono solo pochissimi cenni, tratti sommari e superficiali, e credo proprio che di meno non si potesse dire.

Il lettore colto e pensieroso saprà da solo mettere dentro il breve schema tantissime altre cose e considerazioni che ci starebbero molto bene. Ma oltre che fare da cornice storica, siccome i detti cenni si riferiscono ad un'epoca, o meglio a più epoche gravide di conseguenze storiche, sociali e religiose, sarebbe fare un grave torto all'acuta mente del Bertoni il pensare e credere che egli non abbia vissuto nell'intimo del suo spirito tutti i gravissimi, diuturni, e contrastanti travagli della sua età. Noi lo troviamo giovinetto non ancora ventenne precocemente riflessivo e meditabondo sui trattati di filosofia. Questo ci indica non solo l'acume ma la grande potenza della sua mente. Sappiamo della sua completa, straordinaria anzi, formazione sacerdotale negli anni di seminario. Anni che registrano le Pasque veronesi (1797) e la prigionia di Pio VI (1799).

Sappiamo che oltre che per le doti di mente egli brillava per doti artistiche, per capacità fattive, che senza contrasto lo resero primo fra i giovanetti suoi coetanei, fra i seminaristi, fra i giovani sacerdoti che con lui cooperarono alla fondazione degli Oratori Mariani.